diretto e messo in scena da Ene-Liis Semper e Tiit Ojasoo
Bodywork: Jüri Nael
Luci: Petri Tuhkanen
Musica: Jakob Juhkam, Tiit Ojasoo, Ene-Liis Semper
Interpreti: Marika Vaarik, Helena Pruuli, Rea Lest, Rasmus Kaljujärv,
Ragnar Uustal, Gert Raudsep, Simeoni Sundj, Jörgen Liika, Reimo Sagor
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Teatro Argentina di Roma 13 dicembre 2017
Sarebbe stata la gioia di tanti bimbi poter giocare all'interno di quella massa di fango sparsa su tutto il palcoscenico del Teatro Argentina di Roma per lo spettacolo NO43 Filth del Theatre NO99 di Tallin diretto e messo in scena da Ene-Liis Semper e Tiit Ojasoo. Una formazione estone vincitrice, assieme ad altre cinque, del XIV Premio Europa Realtà Teatrali, di cui è bene subito chiarire che NO99 indica il numero degli spettacoli che questo Teatro allestirà durante la propria esistenza e poi si scioglierà e che NO43 è il titolo dello spettacolo in questione cui è stato aggiunto il termine Filth che significa "sporcizia" "sozzura", pure "fango" naturalmente, quello che la compagnia, in maniera sorprendente, s'è portato dal proprio paese per poterlo poi stendere sulla scena dell'Argentina. Guarnita pure da vetri trasparenti a mezza altezza, posti per tutta la lunghezza del proscenio, certamente a salvaguardia degli spettatori delle prime file che altrimenti sarebbero stati investiti dagli schizzi fangosi ad opera dei nove attori (tre donne sei uomini), Marika Vaarik, Helena Pruuli, Rea Lest, Rasmus Kaljujärv,Ragnar Uustal, Gert Raudsep, Simeoni Sundj, Jörgen Liika, Reimo Sagor, vestiti con abiti normali che agivano con i piedi affondati in quella melma fino alle caviglie per quasi due ore. Durante le quali con facce scure e avvolti da suoni seriali e scampanellii vari, (le musiche erano di Jakob Juhkam, Tiit Ojasoo, Ene-Liis Semper) vivevano in questo luogo insolito e ostile, più ideale per i maiali che per l'uomo, in cui ognuno compiva azioni varie con atteggiamenti anarchici, tali da far venir in mente La fattoria degli animali di George Orwell e si cercasse in mezzo a loro un capo, una guida che potesse inquadrarli e normalizzarli. Hanno il viso arrabbiato i nove personaggi e i loro rapporti sono sbrigativi e sfuggenti come se si odiassero o non potessero vedersi l'uno con l'altro. I loro gesti sono quelli usuali della gente normale quando è in casa o fuori al lavoro o va a ballare. Tuttavia si respira un'aria di tensione mista a noia o nausea. E quando una coppia allude ad un rapporto sessuale sembra che questo rimanga sempre incompleto. All'inizio i loro abiti sono lindi, poi cominciano a lordarsi di fango e più avanti quando se lo gettano addosso riempiendosi le tasche o cadendo giù in quella poltiglia scura che li copre per intero, diventeranno irriconoscibili, degli zombi quasi rischiarati da secchiate di acqua che qualcuno tira loro in faccia. Dopo quasi due ore, forse troppe, sembrano sculture viventi, essere umani urlanti senza un domani che sceglieranno di morire così come fanno gli elefanti estinguendosi al suono dei loro barriti.
Gigi Giacobbe