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NOI – DIALOGHI SHAKESPEARIANI - regia Anna Galiena

Anna Galiena in "Noi - dialoghi Shakespeariani". Foto Roberto de Biasio Anna Galiena in "Noi - dialoghi Shakespeariani". Foto Roberto de Biasio

Traduzione da William Shakespeare
Con Anna Galiena
Adattamento e regia di Anna Galiena
73.mo Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza
Vicenza, teatro Olimpico, 30 settembre 2020

www.Sipario.it, 2 ottobre 2020

Bastano pochi versi per entrare nella magnifica cornice dell’estasi, della poesia “alta”, quella, ad esempio, di un certo William Shakespeare? Certamente si, forse non c’è nemmeno bisogno di ricordarlo se non a qualcuno che si è distratto nel frattempo. Figuriamoci quindi sentire brani interi, monologhi completi tratti dalle sue opere, come quelli di “Noi – Dialoghi Shakespeariani” che Anna Galiena ha adattato, confezionato su se stessa al Teatro Olimpico di Vicenza, in un risultato che, diciamolo subito, ha aggiunto eleganza e prestigio a un luogo già di per sé unico. Dopo una piccola introduzione che è sembrata sbarazzina, nella quale Galiena ha spiegato al pubblico quello che di lì a poco si andava a vedere, ci si è immersi in un’atmosfera che per quanto pensata prima, ha stupito per un certo rigore scenico, un contesto di ricercatezza e stile, un clamore di passione poetica infinitamente possente. E’ stata un’ora scarsa che però ha fatto arrivare sin dalla prima parola la magia di Shakespeare, tratta dal “Riccardo III”, narrata fondendo ironia e spregiudicatezza in quella storia di famiglia, di complotti, e di disgrazie fisiche, odi. I diversi personaggi che si sono sviluppati nel fine racconto sul palcoscenico sono stati numerosi, eppure c’era solo lei, Anna Galiena, lì, vestito scuro su pantaloni uguali, capelli raccolti, che saltava e invocava sentimenti e gesti come una ragazzina, con una verve che man mano aumentava dopo l’inizio. Sembrava una lezioncina, cosa che invece non è stata, andava piuttosto in tutt’altra direzione, con sommo piacere di chi osservava e ascoltava. E’ stata una sorpresa, insomma, vedere l’attrice in una sua freschezza d’adolescente, alternarsi tra le scene parallelepipede orizzontali e verticali, e muoversi vispa con una memoria visiva di grand’effetto. Questa è stata un’altra prova attoriale notevole, che accarezzava cuore, testa, in un tremito continuo sia per la valentia dimostrata che per un enorme, mastodontico esercizio di memoria su un linguaggio certo non semplice. E aggiungerei anche la capacità di Galiena a far vedere le cose attorno a sé, altro esercizio di quel teatro mostrato grazie alla fantasia, sia sua che dello spettatore. Tutto si è notato anche nel secondo pezzo, dal “Macbeth”, come nel terzo, “Amleto”, dove il monologo del Principe di Danimarca, l’”Essere o non essere” giungeva al metafisico, in un silenzio di tomba, tutti attentissimi. L’attrice, molto aggraziata, è forse l’unica piccola, infima nota da sottoscrivere, nella minor resa in qualche momento delle parti maschili, ma come detto tutto è stato abbondantemente compensato dal resto, e poi in scena c’era solo lei, giustificata comunque. Nell’ “Amleto” struggente, impegnativo, dolce e triste era l’amore di Ofelia e del suo amato signore, interpretati magnificamente. Poteva bastare, e invece Anna Galiena si superava. Eccellente è stato anche il quarto momento tratto dal “Sogno di una notte di mezza estate”, scombussolata e variopinta disegnazione teatrale, dove la protagonista è stata mirabile, spassosa nelle vesti di Bottom con la testa d’asino, dove le movenze divenivano ancora più accentuate , mirate a far sorridere. Lo spettacolo si è chiuso con dei monologhi da “Otello”, dove Anna Galiena incontrava sia il moro che sua moglie Desdemona, in un delicato condensato di sdoppiamento, fascinazione oltremodo, ispirazione d’attrice. La delicatezza della prosa del Bardo arrivava così profondamente allo spettatore, insieme all’energia, alla sfrontatezza dei suoi testi, all’analisi dei personaggi. E’ stato molto piacevole dunque aver assistito a un altro ottimo spettacolo, della stagione in corso del Classici all’Olimpico, è da leggere come un segnale vivo e razionale di un teatro che non vacilla nemmeno in un momento così particolare, dove c’è l’imperativo spesso del provare a ripartire, fare, ma dove osare pare complicato. Il pubblico è stato una volta ancora dalla parte dell’interprete, con sonori applausi e chiamate, che lei molto umilmente ha girato anche ad altri collaboratori della scena.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Venerdì, 02 Ottobre 2020 16:31

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