Con Enzo Decaro
di Peppino De Filippo
e
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Brunetti, Francesca Ciardiello, Lucianna De Falco, Carlo Di Maio,
Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo
scene Luigi Ferrigno
costumi Chicca Ruocco
disegno luci Pietro Sperduti
regia Leo Muscato
produzione I Due della Città del Sole
Roma – Teatro Il Parioli dal 31 marzo al 10 aprile 2022
L’idea che Peppino De Filippo inseguì, dopo la separazione da Eduardo e Titina, fu quella di un teatro non fossilizzato in un linguaggio falso, distante dalla vita di tutti i giorni, e non dialettale come nel caso di Eduardo. Riteneva non servisse molto a far comprendere al pubblico che un personaggio era di Napoli o Firenze o Milano o Roma: bastava parlare e agire come nel quotidiano, con spontaneità e naturalezza. Non a caso, la compagnia che fondò si chiamò: “Compagnia del teatro italiano Peppino De Filippo”. E per tutta la sua carriera, l’idea di questo grande interprete delle nostre scene fu quella di rappresentare la falsità, i luoghi comuni, le cieche speranze nelle quali gli uomini credono e aderiscono in pieno. Ma lo fece aborrendo la retorica e ricorrendo a una vena di severità e cattiveria stemperate con quell’ironia che lo ha sempre contraddistinto. Con Non è vero ma ci credo, inscenando un tratto peculiare dell’italiano mediocre e ignorante: la superstiziosità, Peppino ha raggiunto l’apice della sua poetica artistica.
Il protagonista, Gervasio Savastano, è un uomo che vive nella continua paura che la iattura lo colpisca e danneggi in tutto: negli affari primariamente, ma anche nelle questioni famigliari. Ogni occasione è buona per confermarlo in questa idea. Basta un nonnulla: un biglietto a lutto recapitato per sbaglio, l’affermazione di qualcuno sul tempo che cambia e la sfortunata coincidenza che una giornata di sole si tramuta in nuvolosa e piovosa, un insieme di tante circostanze sfortunate che si sommano una di seguito all’altra: tutto viene osservato e giudicato alla luce della superstizione. La conseguenza è che Gervasio allontana chiunque pensa, ed è convinto, essere fonte di sventura. Di converso, basta un niente per entrare nelle sue grazie. E cosa di meglio di un uomo con la gobba, al cui apparire il cielo ritorna sereno e le disgrazie di poco prima si risolvono al meglio? A costui Gervasio spalancherà le porte di casa e per di più deciderà di dare in sposa sua figlia. Quale l’epilogo di tutta la vicenda? Per scoprirlo basterà vedere questa deliziosa, divertentissima, raffinata commedia di Peppino De Filippo riproposta in questi giorni al Parioli, con protagonista Enzo Decaro.
Un confronto difficilissimo soprattutto per lo stile con il quale Peppino era solito scrivere le sue commedie: non cucendole su di sé, ma dotandole di un ritmo particolare ed una costruzione drammaturgica giocata su un equilibrio fra paradosso e realismo. Decaro, a differenza del nostro De Filippo, intesse la sua recitazione su toni discreti, dolci, sornioni. Ne scaturisce una comicità che pian piano inonda il palco, pezzetto dopo pezzetto, in un crescendo interpretativo che dosa uno stile attoriale spiccatamente partenopeo con uno di tipo moderno, internazionale, da prosa classica.
E così Enzo Decaro ha regalato al pubblico una pièce divertente e raffinata. Il modo migliore per ricordare e omaggiare l’arte di un genio: quello di Peppino De Filippo.
Pierluigi Pietricola