Ispirato alla vera storia di Alfred Nakache e al libro “Uno psicologo nei lager” di Viktor E. Frankl
RAOUL BOVA
testo e regia di Luca De Bei
Disegno Luci – Marco Laudando
Contributi video- Marco Renda
Musiche originali – Francesco Bova
Aiuto regia – Barbara Porta
Costumi – Francesca Schiavon
Roma – Teatro Parioli 27 novembre – 8 dicembre 2024
È un tale sollievo vedere uno spettacolo inedito e con un modo nuovo di recitare a teatro del quale ancora non ci siamo resi del tutto conto. Le novità non sempre incontrano favore immediato. Molto spesso si confrontano con l’incomprensione l’indifferenza accompagnate da una deplorevole mancanza di gusto. Caso, quest’ultimo, che ha caratterizzato buona parte del pubblico del Parioli che, invece di ascoltare e partecipare in qualità di spettatori a Il nuotatore di Auschwitz interpretato da un bravissimo Raoul Bova, se ne è stato tutto il tempo ad armeggiare con il cellulare in mano e tanto di suoneria attiva mandando messaggi, oppure a scartare caramelle causando un fastidiosissimo rumore. Come si fa a restare indifferenti alla storia di Alfred Nakache, campione di nuoto francese di origine ebraica, deportato ad Auschwitz dove, malgrado le violenze subite, non ha mai smesso di tuffarsi e nuotare anche nell’acqua gelida di un bacino idrico? Una vicenda esemplare che insegna come lo sport sia non solo una disciplina fisica, ma mentale e spirituale. A sottolineare questo aspetto, l’originalità dello spettacolo scritto e diretto da Luca De Bei sta nel narrare la storia parallela di Viktor E. Frank, psicanalista austriaco, ebreo e anche egli detenuto ad Auschwitz. L’autore di Uno psicologo nei lager, al pari del nostro campione, si tuffa nella psiche cercando di comprendere attraverso quali meccanismi l’uomo riesce a fronteggiare le tragedie che lo colpiscono, non diventando un essere abietto a sua volta e anzi migliorando e dando vita a progetti meravigliosi vòlti al bene di tutti. Le storie di Nakache e Frank insegnano qualcosa di semplice quanto complesso: per combattere l’ingiustizia e il male di cui si è vittime, è necessario farsi osservatori della propria natura profonda, lasciarla agire abbandonandosi ad essa come l’atleta fa col suo corpo ben allenato, consapevoli che dal fondo che si è appena stati obbligati a toccare si tornerà in superficie per spiccare il volo. E che mai, mai, l’ingiustizia ed il male si combattono e si emendano stando al loro infimo livello. Contenuti espressi con uno stile drammaturgico sobrio ed equilibrato, resi sulla scena da un Raoul Bova che ha prediletto toni recitativi contenuti, mai fuori misura, pieni di tatto, delicatezza ed attenzione. Bova ha dato voce a chi, a lungo, non ha potuto esprimersi: una voce profonda, sommessa ma potente. E per raggiungere tale risultato, egli ha fatto ricorso ad una recitazione sì molto cinematografica, ma coinvolgente e toccante. In ciò portando, forse (si vedrà in futuro), un’innovazione nell’arte dell’attore teatrale. Ma per apprezzare tutto questo, occorre che il pubblico presti attenzione e si ponga con umiltà e rispetto nei confronti di chi lavora sul palcoscenico. Ciò che, purtroppo, buona parte degli spettatori del debutto inaugurale della stagione al Parioli non hanno fatto. Una mancanza di stile e di cultura teatrale che lo spettacolo e Bova davvero non meritavano. Pierluigi Pietricola