Testi: Gigi Bertoni
Con: Tanja Horstmann, Angela Pezzi, Maria Regosa, Renato Valmori
Regia: Alberto Grilli
Scene e costumi: Maria Donata Papadia, Angela Pezzi, Loretta Ingannato
Direzione musicale: Antonella Talamonti
Foto: Stefano Tedioli
Video: Andrea Pedna
Grafica: Marilena Benini
Una produzione Teatro Due Mondi col sostegno di Regione Emilia Romagna
Teatro Fontana, Milano 30 marzo 2025
Nel proliferare di concorsi premi bandi per artisti teatrali sotto i 35 anni, che consentono a giovani dotati e motivati di emergere alla superficie delle acque fonde del “sistema” teatrale italiano, e nel parallelo navigare di compagnie entrate stabilmente nella piena istituzionalità, non più corrispondenti soltanto all’area della cosiddetta Prosa, ma che comprendono gran parte del vecchio “Nuovo teatro”, ci si dimentica a volte che l’ecosistema marino che contribuisce con le sue forme di vita e di organizzazione a mantenere fertili le acque di quel bacino tuttavia periferico che è, ci si permetta il gioco, il mare theatrum italiano, contiene al suo interno, più o meno sommerse e comunque facilmente avvistabili, realtà solidissime, che riescono a fare della tradizionale triade dell’antico e mai vetusto teatro di gruppo – produzione-organizzazione-pedagogia – un tripode da cui vaticinare e concretizzare pratiche altamente etiche e di corrispondente valore estetico, e un tridente capace di tenere in equilibrio dinamico il loro potere di incidenza. Uno di questi gruppi è senz’altro il Teatro Due Mondi di Faenza. Il teatro di strada o negli spazi aperti è sempre stato una grande palestra, sia per l’attore sia per il regista, chiamati a mantenere coerenza e rigore compositivo a fronte delle incertezze e degli accidenti cui la strada sottopone il progetto artistico, in una dialettica tra arte e comunicazione che non mira alla seduzione facile dello spettatore, ma piuttosto a sottoporlo a piccoli e salutari shock percettivi e culturali. Quando poi gli attori formatisi in così vigorosa palestra si trovano ad agire su una scena attrezzata, al chiuso, ecco che le facoltà interpretative, ipersollecitate all’aperto, si riassestano e cominciano a lavorare in maniera più sottile. Il caso del Teatro Due Mondi, grande esperto di teatro di strada, è esemplare anche per la scelta di temi che non rifiutano il confronto con le questioni etiche e le problematiche socio-politiche contemporanee. Se i progetti europei con i migranti hanno creato nelle piazze grandi eventi con attori immigrati e cittadini (il prossimo sarà a Bergamo il 1° giugno, ospiti di un'altra realtà esemplare, il Teatro Tascabile); se gli spettacoli di sala mettono al centro questioni attuali o di riattivazione della memoria storica (il tema del lavoro o la Resistenza o il ripudio della guerra), il teatro che il gruppo romagnolo riserva alla fascia di pubblico delle famiglie e dei ragazzi non rinuncia a porsi questioni analoghe. Così questo Musicanti di Brema, malgrado la citazione della celebre fiaba dei Grimm, conserva della stessa soltanto i personaggi, mentre il tema vero è l’incontro che essi fanno con un neonato abbandonato da una distratta cicogna, e del quale si sa solo che bisogna cercare chi lo accoglierà. Tutto lo spettacolo dunque si muove intorno alla ricerca di un indirizzo (Via dell’Ospitalità) e di una madre adottiva (Madama Europa) a cui si vorrebbe destinare il fantolino, e che, con ogni evidenza, non si riescono a trovare. Tuttavia lo spettacolo non corre il rischio del didascalismo, perché il gioco è sì scoperto, ma ben giocato. Il compito cui tende l’azione dei personaggi si fa svelare per gradi, emerge attraverso la complessa rete di azioni coreografate, cantate, agite e dialogate dei quattro magnifici attori-cantanti, rivestiti dei loro coloratissimi e fantasiosi costumi di scena. E’ un’orchestra di corpi in perfetta sintonia quella degli attori diretti dal regista Alberto Grilli, secondo l’idea che un attore è corpo-in-scena, il che comprende voce, dizione, intenzione, canto, in una costellazione ininterrotta di atti fisici. Non è una modalità recitativa, questa, che si vede molto sui (principali) palcoscenici italiani. Eppure le possibilità insite nella figura dell’“attore eurasiano” (teorizzata da Eugenio Barba) andrebbero pienamente rivalutate. Franco Acquaviva