di Sergio Pierattini
con Milvia Marigliano
regia di Peppino Mazzotta
scene di Roberto Crea
produzione Rossosimona in collaborazione con Officine Vonnegut
visto a Polesine Parmense, il 10 agosto 2016 per La Notte de il Grande fiume
Un albero e una panchina sospese nel buio è la bella immagine che regala la scenografia di Roberto Crea per il monologo di Sergio Pierattini, Ombretta Calco affidato a una potente e straziante Milvia Marigliano, diretta da Peppino Mazzotta. Ombretta è distesa su quella panchina, non appena le luci si accendono si 'risveglia' e inizia a parlare della madre caduta e ricoverata in ospedale d'urgenza, a dialogare col fratello Mauro che si presenta in ospedale in calzoncini corti... In un flusso di coscienza tanto concreto e materico quanto poetico Ombretta si racconta, racconta il suo mondo, racconta di una vita normale, quasi banale, sembra alla fin fine fare un bilancio di vita. Su quella panchina il marito la lasciò, su quella panchina si fermava ai tempi della scuola, su quella panchina si era seduta il giorno che sua madre ebbe l'ictus e poi morì. Su quella panchina si è seduta in una calda giornata d'estate Ombretta, su quella panchina ha passato in rassegna la sua vita... ora che alla vita deve dire addio... Tutto accade nelle parole immediate, quotidiane eppure di potente forza poetica che Pierattini ha affidato a Milvia Marigliano. La scenografia di Roberto Crea trasforma l'attrice in una sorta di immagine bidimensionale che cerca di staccarsi da quel fondale come certe figure dei libri pop-up. Ombretta Calco di Milvia Marigliano è una donna come tante, è il racconto di una vita normale, è la normalità dolente di una ricerca di felicità possibile, di un senso all'esistere, del passare del tempo, del confrontarsi con la nostra finitezza. Tutto questo è reso da Milvia Marigliano con assoluta e potente naturalezza, con una forza espressiva che a tratti toglie il respiro e fa venire le lacrime agli occhi. La Marigliano si conferma attrice di straordinario sentire, un'attrice che sa con potenza dare corpo e respiro, sudore e dolore alle parole che dice. In quelle parole scritte appositamente la distanza viene meno, corpo e racconto sono un tutt'uno, appare impossibile distinguere fra Ombretta e Milvia, perché Milvia è Ombretta, non tanto per una mimetica immedesimazione, ma perché l'attrice ha fatto proprio quel racconto, si è vestita di quella vita normale nel dolore e nelle speranze, quasi banale nelle attese e nelle disillusione e proprio per questa così vera e toccante. Commossi e partecipi gli applausi di un pubblico vero, non festivaliero, 'ruspante' verrebbe da dire e toccato fino alle lacrime.
Nicola Arrigoni