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ORESTE. QUANDO I MORTI UCCIDONO I VIVI (L') – regia Giuseppe Marini

Claudio Casadio in "L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi", regia Giuseppe Marini. Foto Tommaso Le Pera Claudio Casadio in "L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi", regia Giuseppe Marini. Foto Tommaso Le Pera

di Francesco Niccolini
regia Giuseppe Marini
con Claudio Casadio
uno spettacolo illustrato da Andrea Bruno
produzione Accademia Perduta Romagna Teatri - Centro di Produzione Teatrale – Società per attori
in collaborazione con Lucca Comics&Games
Al teatro Sannazaro di Napoli dal 21 gennaio 2022

www.Sipario.it, 24 gennaio 2022

Spaesati, piccoli, insicuri così dopo la messinscena di L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi al teatro Sannazaro di Napoli. La bravura di Claudio Casadio, poetico, struggente, gela il sangue perché il suo racconto altro non è che la verità vissuta da tanti come lui, quelle persone 'diverse' rese pazze per mancanza d'amore o per abbandono.
Oreste assiste alla morte della sorella uccisa dai maiali mentre giocavano nella terra di famiglia.
Da qui la vita cambia e Oreste si rompe. Si spezza il normale scorrere della vita e si entra nella gabbia del manicomio da dove non esce più. Anzi esce una volta, ma solo per uccidere la madre e il suo nuovo compagno. Andando avanti nel racconto si scopre anche altro di questo uomo che racconta la sua storia mentre si trova in cella.
Dipinge e mette fuori i suoi mostri, o almeno ci prova e conserva quelle poche belle cose della sua vita come l'unica coccola di una vita spietata.
Fin qui il racconto scritto da Francesco Niccolini potente e terribile come solo la realtà sa essere e forte di una scrittura decisa e piena.
Il tutto è diretto con una tale bravura che sfiora la perfezione da Giuseppe Marini.
Casadio nel viaggio di un'ora tocca tutte le corde possibili, si arriva perfino a sorridere in qualche momento, ma soprattutto si riflette su chi sono i veri pazzi, su chi sono i vivi, su cosa possono fare gli uomini su coloro che sono più deboli.
Non finisce qui questo lavoro perché grazie alla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani, e alla collaborazione con il Festival Lucca Comics lo spettacolo funziona con l’interazione continua tra teatro e fumetto animato: l’Oreste riceve costantemente visita dai suoi fantasmi, dalle visioni dei mondi disperati che coltiva dentro di sé, oltre che da medici e infermieri.
Il sincronismo perfetto tra le battute dell’attore con il mondo a fumetti che impersona le sue visioni, i suoi fantasmi è qualcosa di innovativo e funzionale che rende questo spettacolo una vera perla.
Dopo la prima sensazione di ‘pugno nello stomaco’ gli spettatori reagiscono e tributano applausi a non finire a questo spettacolo che ci rivela cosa accade nella mente di coloro che diventano diversi per forza, forse hanno già qualcosa di strano, ma la società li respinge, perfino le madri sono capaci di allontanare i propri figli se vedono in loro qualcosa che non va. Abbandonati in centri per orfani, privati dell’amore, dell’affetto, della vita.
Colpo di scena finale: Oreste scontati i suoi trenta anni e più al manicomio dell’Osservanza di Imola può uscire: “guarito” chiede Oreste ed il suo medico risponde: “non proprio guarito, ma libero”.
Libertà di fare cosa se la società non lo vuole, se i vivi non lo accettano ed allora resta poco altro da fare, andare dai morti che così bene lo trattano. Riflettiamo sul senso e sull’utilità del nostro teatro e soprattutto andiamo in sala perché ne usciamo di certo arricchiti.
Lo spettacolo s’inserisce appieno nel discorso sul contemporaneo che il teatro Sannazaro di Napoli porta avanti da anni e va ad occupare uno dei posti più alti per qualità della messinscena.

Roberta D’Agostino

Ultima modifica il Lunedì, 31 Gennaio 2022 19:29

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