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OMBRA DI TOTÒ (L') – regia Stefano Reali

"L'ombra di Totò", regia Stefano Reali "L'ombra di Totò", regia Stefano Reali

Con YARI GUGLIUCCI, ANNALISA FAVETTI, VERA DRAGONE
di Emilia Costantini
QUIRINO CONTEMPORANEO
scene Carlo De Marino
costumi Laura Denavesques
coreografie Lorena Noce
luci David Barittoni
adattamento e regia STEFANO REALI
Produzione Nicola Canonico per Good Mood
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 11 e 12 maggio 2023

www.Sipario.it, 13 maggio 2023

Il testo di Emilia Costantini, "L’ombra di Totò", ha un intento preciso: restituire l’aura di umanità al Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ingiustamente sottrattagli da decenni di mitizzazione. Dal giorno della sua morte, dopo l’indifferenza da parte della critica e anche di una certa parte di pubblico – non tutti, per fortuna – colui che è considerato tra i maggiori interpreti del cinema italiano brillante e drammatico, ha avuto una specie di sacralità che non si è mai vista per nessuno, neppure per un altro grande attore da tutti amato: Alberto Sordi.
Perché?
Forse perché Totò fu davvero l’ultima maschera di una certa tradizione che si richiama alla commedia dell’arte. Ma fu soprattutto un attore che, con grande intelligenza e raffinatezza, seppe dar voce non tanto a un certo tipo di italiano medio, come fu il caso di Sordi, rappresentato così com’era in tutti i suoi difetti e, in pochissime occasioni, per i suoi pregi. Totò impersonò l’italiano medio nel suo intimo desiderio di riscatto, di volontà vera di vincere. E quando le situazioni tendevano a schiacciarlo, l’italiano medio di Totò con una battuta o un’ironica rassegnazione trovava il modo di vincere e prevalere sulla sconfitta subita. Un lavoro attoriale interamente votato alla positività.
Tutto ciò contribuì a fare di Totò un vero mito che tese a oscurare, soprattutto per i non addetti ai lavori, l’uomo rispetto all’artista. E dell’uomo parla lo spettacolo della Costantini: del suo rapportarsi geloso e possessivo con le donne, del suo amore travagliato e difficile con Liliana Castagnola, che si uccise quando comprese che una vita accanto al suo Totò non l’avrebbe mai avuta (il nostro grande attore si sentì così in colpa per l’accaduto che decise di far seppellire la Castagnola nella tomba della famiglia De Curtis). Ma, in particolare, lo spettacolo mette in luce il rapporto pluridecennale di Totò con la sua controfigura, Dino Valdi: colui che lo amò e in segreto, un po’, ne fu anche velenosamente geloso e invidioso.
L’uomo Antonio De Curtis emerge proprio dal racconto di Dino Valdi, che il giorno del secondo funerale di Totò fu intervistato da una giornalista del Mattino per raccontare la vita segreta del Principe della risata.
Ne emerge un ritratto non sconosciuto. Episodi noti, ormai a tutti, che ci restituiscono un Totò certamente più umano del solito: con pregi, difetti e tante debolezze, ma forse proprio per questo ancora più amato.
Molto bravi gli interpreti, in particolare Yari Gagliucci che ha tratteggiato un Dino Valdi dimesso, tristemente geloso, ma non cattivo né con sentimenti di rancore nei confronti di Totò, un po’ impacciato per timidezza e paura di non essere all’altezza del ruolo che avrebbe desiderato per sé: quello di grande attore, come Totò.
Sempre brillanti e con senso del ritmo Annalisa Favetti e Vera Dragone.
Uno spettacolo grazioso, che si è avvalso della sapiente regia di Stefano Reali, il cui dono di sintesi e rapidità è sempre riconoscibile e apprezzatissimo.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Giovedì, 18 Maggio 2023 18:16

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