di Luigi Pirandello
Lettura drammaturgica e regia: Fabio Grossi
Con Leo Gullotta, Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio
Marco Guglielmi, Valerio Santi e Sergio Mascherpa.
Scene e Costumi Angela Gallaro Goracci
Musiche Germano Mazzocchetti
Luci Umile Vaineri
Voce dei brani cantati Claudia Portale
Produzione Teatro Stabile Catania – Compagnia Enfi Teatro
Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 13 al 25 novembre 2018
In tournée nazionale anche per la prossima stagione
La terza età...ma in contropiede
All'Ambra Jovinelli di Roma, dopo il rodaggio in Sicilia, approda "Pensaci Giacomino!" di Pirandello, interpretato da Leo Gullotta, per la regia di Fabio Grossi
Non so se avvantaggia o reca distrazione ritrovare, sul filo di ricordi sedimentati, altre edizioni rilevanti dell'opera pirandelliana: con in cima quella di Sergio Tofano e Salvo Randone, ma a seguire quelle sempre intriganti, sulfuree, sapientemente beffarde di Turi Ferro e Carlo Croccolo. Più l'eccentrica eccezione del felpatissimo, serafico, a tratti persino 'dandy' Ernesto Calindri, in abiti (a lui consoni) di 'uomo di mondo' al tramonto -e quasi certo di non lieto fine professional-esistenziale . Proporrei: bando a ogni confronto a me accessibile per casualità generazionale che- si dà il caso- mi rende coetaneo (con relative affinità, sintonie, empatie) del sapido, sulfureo, beffardo Leo Gullotta, affatto incanutito o tendente al senile.
Che di questa nuova 'rilettura' (elaborata da Fabio Grossi) è interprete inflessibile, umanissimo, 'anarchicamente' quasi angelico – come suggerivano i comportamenti, le disobbedienze civili del caro Andrea Gallo ai quali volentieri ci si uniformava in tempi nemmeno lontani. Divertito e perfido, Leo Gullotta, quando decide di perpetuare una piccola porzione della siciliana infanzia (quel suo "doppio" di adolescenza al Fortino, che fu cordone ombelicale per il cabaret e il teatro filodrammatico della prima giovinezza), circondandosi, senza vezzo alcuno, di pupazzi e peluche che "sveleniscono", per gioco ma per poco, le ingiustizie, vessazioni, ipocrisie cui è stata sottoposta la sua vita di bizzarro insegnante in uggia alla morale del perbenismo e dell'asfittica cittadina di provincia.
Elemento, a ben pensarci, non secondario quello dell' infanzia rivendicata e mai vissuta, del giocattolo o dell'oggetto ludico, qui sfiorato ma non tralasciato dalla sinuosa maschera di Gullotta, alla vigilia della sua metamorfosi in 'ingegno' ostile e raziocinante, vindice ed inflessibile nella sua metamorfosi da uomo di 'poche qualità' a piccolo 'nume sterminatore' di un agglomerato (di anima morte) lieto di avergli esternato compassione e buonsenso, conformismo e santa quiete domestica: specie per un anziano rimasto celibe non si sa se per 'avversità' o per libera scelta. Ma improvvisamente animato dalla generosità di dare usbergo, reddito, cognome e dignità ad una povera ragazza incinta, figlia di un inetto bidello, e appena rinnegata sia dalla famiglia, sia dall'ex (pavido) spasimante.
Quindi, e a suo modo, "tragedia civile"all'interno di una asfittica comunità riemersa in uno stringato, cesellato adattamento (di Fabio Grossi) divenuto atto unico di 90 minuti, posposto come se accadesse negli anni '50: come evidenziato dagli eleganti e ben 'sfoggiati' costumi d'epoca e corredato da una scenografia cromaticamente accesa, ispirata all'espressionismo tedesco alla cui scuola Pirandello andò da giovanissimo. Quindi, "fra giganteschi ritratti semoventi sempre in scena (la calunnia incombente), e agito su due piani, come la realtà di questa microstoria di provincia, accompagnata da musiche incisive e da un evocativo canto di donna".
E poi, di cosa meravigliarsi? Il prof. Toti di "Pensaci Giacomino" non nasce dal nulla ed è in buona compagnia, specie nel suo congedarsi dal suo stato di sulfureo giocherellone e, con "mossa da cavallo", trasformarsi in sarcastico, granitico angelo vendicatore secondo la stessa parabola che lo accomuna ad altri pilastri della pirandelliana "quieta apparente"e sacrosanta "ira del giusto": dal Baldovino del "Piacere dell'onesta" al Ciampa del "Berretto a sonagli", dal Leone Gala del "Gioco delle parti" al nobile 'smemorato' di "Enrico IV"
"L'umanità di Toti non è ancora di questo mondo"- annotava un anziano critico di cui mi sfugge il nome.
Angelo Pizzuto