di Georges Feydeau
traduzione, adattamento e drammaturgia Carmelo Rifici e Tindaro Granata
regia Carmelo Rifici
con (in ordine alfabetico):
Giusto Cucchiarini
Alfonso De Vreese
Giulia Heathfield Di Renzi
Ugo Fiore
Tindaro Granata
Christian La Rosa
Marta Malvestiti
Marco Mavaracchio
Francesca Osso
Alberto Pirazzini
Emilia Tiburzi
Carlotta Viscovo
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
musiche Zeno Gabaglio
assistente alla regia Giacomo Toccaceli
regista assistente Alice Sinigaglia
coaching movimenti acrobatici Antonio Bertusi
coaching clownerie Andreas Manz
realizzazione maschera Alessandra Faienza
supporto realizzazione scene e attrezzeria Matteo Bagutti
costumista assistente Ilaria Ariemme
direttore di scena e capo macchinista Ruben Leporoni
macchinista e movimentazione pedana girevole Fabrizio Cosco
capo elettricista Alessandro Di Fraia
suono Nicola Sannino
fonici Stefano Gualtieri, Riccardo Roghini
sarta di scena Margherita Platé
aiuto sarta GIuseppina Corbari
trucco e parrucco Enrico Maria Ragaglia
costumi realizzati presso il Laboratorio di Sartoria del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, La Fabbrica dell’attore – Teatro Vascello di Roma
Roma – Teatro Vascello dal 28 marzo al 6 aprile 2025
Occorre farsi una domanda, dopo aver visto La pulce nell’orecchio al Vascello nell’elaborata versione firmata da Tindaro Granata e Carmelo Rifici: quanto, il pubblico contemporaneo, è all’altezza dei meccanismi comici di un drammaturgo geniale e preciso come Feydeau? In un vaudeville non ci troviamo di fronte alla commedia di genere, dove battute e situazioni concorrono a sviluppare la storia facendoci divertire. No! Al contrario, siamo nel bel mezzo di equivoci che, portati avanti all’estremo, generano un insieme di situazioni che, per la loro stessa natura di irragionevolezza e inverosimiglianza, fanno scattare la risata. Ma nel contesto di tale genere di spettacolo, tutto ciò ha una sua logica. Tuttavia per afferrarla ed esserne complici, quasi diventando noi parte delle vicende cui assistiamo, dobbiamo sospendere il giudizio e accoglierle liberamente. Lo stesso Feydeau del resto, riferendosi alla Pulce nell’orecchio, ne parlava come di esperienze di vita tradotte nel genere teatrale a lui più congeniale drammaturgicamente. E dunque… Per capirci: una donna, Raimonda, è impaurita dal comportamento nei suoi confronti freddo e distaccato del marito, l’assicuratore Vittorio Emanuele. Per metterne alla prova la passione e la fedeltà, poiché sospetta che egli abbia un’amante, gli fa recapitare una lettera d’amore anonima dall’amica Luciana. Questa fantomatica spasimante avrebbe dato a Vittorio Emanuele un appuntamento all’equivoco hotel Feydeau, lo stesso dove sarebbero state ritrovate delle bretelle simili a quelle indossate dall’assicuratore. Il quale, leggendo la missiva, pensa sia stata indirizzata al suo migliore amico, Tornello, al quale la consegna. Questo è il pretesto che darà vita a una serie di equivoci senza fine, che avverranno all’hotel Feydeau e dove, magicamente, troveranno una loro soluzione e anche una sorta di morale conclusiva. Nella rilettura di Granata e Rifici, La pulce nell’orecchio viene svestita dei suoi abiti di commedia a orologeria, basata su ritmi serrati e precisi. C’è tutto questo ma in modo meno sottolineato. Per evidenziare, così mi è sembrato, quell’aspetto umano della vicenda giustamente rivendicato da Feydeau. I personaggi sono così parsi meno macchiettistici e più simili a noi. Ma per non far perdere quell’aura da commedia d’altri tempi, un dettaglio è stato a dir poco geniale: immaginare Camillo, il cugino di Vittorio Emanuele, come Charlot: con la stessa camminata, l’identica aria innocente e trasognata. E sottolineare, con realismo, che Camillo ha un problema nel parlare dovuto a una malformazione al palato: ecco un ulteriore, raffinato dettaglio che ha contribuito a rendere questo vaudeville in una farsa (come la intendeva Peppino De Filippo). Magnifico Christian La Rosa: un Vittorio Emanuele, il suo, spassoso e tratteggiato senza mai essere caricaturale. Il Camillo di Tindaro Granata è stato una poesia recitativa. Quello sguardo dolce, innocente e comico insieme: cosa chiedere di più a un attore così sublime? Pierluigi Pietricola