con
Peppe e Toni Servillo
e i
Solis String Quartet:
Vincenzo Di Donna, violino
Luigi De Maio, violino
Gerardo Morrone, viola
Antonio Di Francia, cello
produzioneTeatri Uniti
Napoli, Teatro Bellini dal 5 al 17 gennaio 2016
Cantano, recitano, sconfinano l'uno nel campo dell'altro per raccontare e porgere Napoli allo spettatore curioso di vedere ancora insieme i due fratelli Servillo.
Accompagnati dal Solis String Quartet, che si unisce o si alterna a loro, Toni e Peppe nel concerto-recital "La parola canta" spaziano dal classico al moderno senza apparente continuità, e tra poesie e canzoni raccontano la città e i suoi miti. Celebrano autori e frammenti di vita. Sulla scena asettica, riscaldata soltanto da un gioco di luci che illumina e trasforma, comincia Toni con la "Napule" di Mimmo Borrelli. Un fiume di parole per un ritratto a volte cinico della città, che egli porge ritmicamente, restituendo all'ascoltatore la musicalità della scrittura dell'autore bacolese.
Cominciano dall'oggi, dunque, i Servillo, dalla nuova drammaturgia, continuando, senza alcuna presentazione di titolo o di nomi, con liriche e poemi, parole e melodie, alternandosi e solo qualche volta unendosi nell'interpretazione, di alcuni brani. Come nel pezzo "'O festino" di E.A Mario e Pacifico Vento, cominciato da Toni e poi lasciato al 'cantante' Peppe. O nell'indimenticabile "Dove sta Zazà" che diventa storia da immaginare nelle voci unite nel finale.
Libero Bovio, Antonio Di Francia, Cutolo e Cioffi, Viviani, De Filippo, Moscato sono alcuni degli autori scelti dalla coppia, i più famosi forse, mirabili narratori, poeti, musicisti di una patria spesso matrigna, ma comunque fantastica, viscerale, eterna, accattivante.
E sul palcoscenico, davanti ai microfoni e agli strumenti, scorrono i ragazzi seminudi a mare di "Litoranea" di Enzo Moscato, il concertino di "Guapparia", i "Fravecature" di Raffaele Viviani. Diventa quasi comico, nella personale interpretazione di Toni Servillo, il poemetto di Eduardo "De Pretore Vincenzo", mentre torna la rabbia di Borrelli in "Sciaveca" e poi confortano l'ironia e il gesto surreale di Peppe nella bella "Maruzzella" di Bonagura e Carosone o in "Sogno biondo" degli Avion Travel.
Intanto, gli archi di Vincenzo Di Donna, Luigi De Maio, Gerardo Morrone, Antonio di Francia fanno incursione nel jazz, nel folk, nel pop, pizzicano Bèla Bartok in "Allegretto" e creano "Movimento di tarantella" dal Quartetto n. 4 di Fabio Vacchi. Osano in un audace "Mozartango" e nell'omaggio all'intruso Pat Metheny con "Minuano".
E se la musica supera e abbatte ogni barriera geografica e mentale, tanto può la lingua napoletana, con la sua insita musicalità, con le espressioni onomatopeiche, con quel suo lessico tronco ma confortante.
Lo dice Toni Servillo, chiudendo con la lirica (in italiano e in napoletano) di Michele Sovente "Còse (ovvero cuce n.d.r.) sta lengua sperduta", che - dice l'interprete - esprime il senso della serata trascorsa insieme.
Sulle note di "Te voglio bene assaje", i fratelli Servillo salutano il pubblico, avido di un bis che non arriverà.
Uno spettacolo sobrio ed elegante. Al Teatro Bellini di Napoli fino al 17 gennaio 2016.
Angela Matassa