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RITORNO DI ULISSE IN PATRIA (IL) - regia Luigi De Angelis

"Il ritorno di Ulisse in patria", regia Luigi De Angelis "Il ritorno di Ulisse in patria", regia Luigi De Angelis

tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti (realizzata in 2 parti),
poesia di Giacomo Badoaro;
musica di Claudio Monteverdi
Personaggi e Interpreti:
Ulisse Mauro Borgioni, Telemaco  Anicio Zorzi Giustiniani, Penelope Delphine Galou, Iro  Bruno Taddia,
Il Tempo/Antinoo  Roberto Lorenzi, Giunone   Raffaella Milanesi, La Fortuna  Vittoria Magnarello,
Giove Gianluca Margheri, Nettuno  Federico Domenico Eraldo Sacchi, Minerva  Giuseppina Bridelli,
Amore  Paola Valentina Molinari, Anfinomo Francisco Fernandez Rueda, Pisandro Enrico Torre,
Melanto/L’humana Fragilità Gaia Petrone, Eurimaco  Alessio Tosi, Eumete  Luigi Morassi, Ericlea  Anna Bessi
Maestro concertatore e direttore, Ottavio Dantone
Regia, scene, luci e video, Luigi De Angelis; Costumi e drammaturgia, Chiara Lagani; Assistente regia Andrea Argentieri, Progetto, Fanny & Alexander, Orchestra, ACCADEMIA BIZANTINA, Produzione Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli,
al Teatro Ponchielli, Cremona, 17 giugno 2022, prima nazionale (Festival Claudio Monteverdi), replica venerdì 24 giugno.

www.Sipario.it, 22 giugno 2022

Arriva sulle sponde del Po, l’Ulisse di Luigi De Angelis, interpretato da Marco Borgioni. Il prologo dell’Umana fragilità, eseguito da Gaia Petrone, fa da tappeto sonoro ad un filmato che il regista Luigi De Angelis e il suo aiuto Andrea Argentieri hanno girato sul Grande fiume ridotto a rigagnolo, il Po desertico e petroso, come l’Itaca di foscoliana memoria. Ecco Il ritorno di Ulisse in patria con l’Accademia Bizantina e la direzione di Ottavio Dantone frequenta la prossimità, le sponde di Itaca sono le rive del Po, la reggia di Penelope (Delphine Galou) dove i proci fanno il bello e cattivo tempo è il Ponchielli, Cremona e non Itaca segna il ritorno in patria del divin Claudio e non solo di Ulisse. E dopotutto è questo il pensiero che sta dietro il Festival Claudio Monteverdi, diretto da Andrea Cigni con l’apporto di Lorenzo Del Pecchia, far tornare a casa Monteverdi che fece fortuna a Mantova e Venezia. Dopo l’Orfeo in metrò di due anni fa, il regista Luigi De Angelis torna a frequentare l’inventore dell’opera lirica, il compositore sperimentatore e lo fa in una chiave allegramente contemporanea, che non si concede – se non per pochi segni – alla classicità, alla grecità oleografica, ma procede per concetti e per contagio. Se nell’Orfeo il pubblico era viaggiatore in una carrozza di metrò con Orfeo in cerca della sua defunta Euridice, qui rischia di confondersi con i proci, certo è abitante della reggia di Penelope. De Angelis utilizza tutto lo spazio scenico del Ponchielli, i cantanti arrivano da fondo sala, compaiono nei palchetti, escono e entrano e quando si tratta di far fuori i Proci si assiste a una corsa forsennata di Ulisse vendicatore per corridoi e palchetti in cerca dei pretendenti della sua Penelope, con ben acceso il mirino del suo arco… Ed è qui l’altro aspetto di cui tener conto in questo Ritorno di Ulisse in patria che ha l’essenzialità di un contemporaneo che è fatto di tratti netti e precisi, di costumi minimali e colorati, di asincronie temporali che a tratti aggettano sull’antico e a tratti ci proiettano in un oggi un po’ pop e in paillettes. Alla fin fine tutti – noi pubblico, loro cantanti/personaggi – sono sotto tiro, obiettivo di quell’Ulisse che non è riconosciuto e stenta a riconoscersi e che la stessa Penelope non vuole riconoscere, per quanto istradata da Ericlea in abiti da governante anni quaranta. I costumi, firmati da Chiara Lagani, sono segni che dialogano con il contesto e a tratti lo forzano, lo mettono in crisi, così come i Proci tendono la corda dell’arco indomabile in una scena che rende cupo e divertente al tempo stesso il poligono di tiro sul palcoscenico. Il ritorno di Ulisse in patria è un lavoro che cerca la partecipazione prossima del pubblico, che chiede allo spettatore non solo di stare a guadare, ma anche di chiedersi il perché di quanto accade, di decodificare il mito e la favola in pensiero, in riflessione sulla fragilità umana, sulla possibilità o meno di agire indipendentemente dalla volontà degli dei, nella consapevolezza – e sono concetti espressi nel libretto - che sia gli uni che gli altri sottostanno all’imperscrutabile fato che coglie dove coglie, che colpisce l’obiettivo quando meno ce lo si attende. E allora ecco che la regia di Luigi De Angelis, la scelta di affidargli Il ritorno di Ulisse in patria da parte di Andrea Cigni sono atti di intelligenza e coraggio che ci dicono quanto moderno, innovatore sia Claudio Monteverdi, quanto la sua musica sia contemporanea, e a questo ci pensano Ottavio Dantone, la sua Accademia bizantina e gli interpreti che con diversa convinzione sono non solo cantanti, ma attori, costruiscono e vivono una gestualità che sa andare oltre gli stereotipi della prossemica lirica. Il suono coeso, l’interpretazione precisa e secca, senza fronzoli offerta da Ottavio Dantone e dal suo ensemble si rispecchiano in pieno nel progetto di Fanny & Alexander in cui l’immagine e l’immaginario odissiaco e monteverdiano sono di volta in volta spiazzati, interrogati e resi nostri contemporanei non in superficie, ma nel profondo, nel sottolineare con la chiarezza del canto la modernità non solo della musica ma anche del testo, un testo che a tratti astrae il mito per farne pensiero. Il ritorno di Ulisse in patria è uno spettacolo pieno di materiali, pieno di idee, in cui emerge la fragilità dell’eroe omerico, colui che non è né forte, né bello, ma arguto, intelligente e per questo alla fin fine colui che ci immette nella modernità. De Angelis e Dantone chiedono di stare al gioco, di sentirsi bersagli di un fare teatro che stuzzica l’intelligenza e il pensiero… ed è cosa non da poco.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Giugno 2022 19:32

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