di Harold Pinter
regia Massimo Popolizio
con Massimo Popolizio
e con Christian La Rosa, Gaja Masciale, Paolo Musio
Alberto Onofrietti, Eros Pascale
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
suono Alessandro Saviozzi
foto Claudia Pajewski
produzione Compagnia Umberto Orsini, Teatro di Roma – Teatro Nazionale,
Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Roma – Teatro Argentina 7-25 maggio 2025
Se gettiamo uno sguardo al pubblico dell’Argentina di una domenica pomeriggio, composto in maggior parte da signore e signori di una certa età, portatori di valori di una borghesia medio-alta, vestiti di tutto punto, ci rendiamo conto che è il prototipo al quale aveva intenzione di rivolgersi Harold Pinter con Ritorno a casa, e che Massimo Popolizio ha messo in scena in modo sublime. Chi conosce questo straordinario drammaturgo, è consapevole della sua ironia sempre accompagnata da una certa severità contro un perbenismo di stampo borghese del quale non sopportava l’ostentazione di intenzioni e gesti privi di sincerità. Quale migliore occasione di una famiglia disadattata, schifosa, composta da parassiti per ribadire questo sdegno? Ritorno a casa, in breve, mostra una situazione alla quale nessuno vorrebbe assistere: un capofamiglia, Max, ex macellaio, abituale frequentatore di ippodromi, sciatto e che non sa gestire i suoi figli: Lenny, che vanta trascorsi da pappone e avventure erotiche violente; Joey che vorrebbe fare il pugile ma in realtà è un inetto votato al fallimento. Ad arricchire il quadro, vi è il fratello di Max, Sam, che vive in casa sua da parassita e nemmeno ha un lavoro (forse fa l’autista, ma guida un taxi che non è suo). L’unico che pare salvarsi è Teddy, il figlio maggiore di questa disgraziata famiglia, che insegna filosofia in America e ha sposato una donna, Ruth. Approfittando di un viaggio in Europa, Teddy torna a casa così che sua moglie e la sua famiglia si conoscano. E qui iniziano i problemi. I quali, però, non emergono subito, ma in modo intermittente. Appena vede Ruth, Max la appella come una sgualdrina lurida, salvo poi ricredersi (così pare) e lodarla. I tre fratelli non danno l’idea di essere tanto uniti: appena possibile, non perdono occasione di gettarsi addosso l’un l’altro veleno e invidie. Il più cattivo di tutti sembra Lenny: sfacciato, violento, disinibito. E gli altri non scherzano: Joey, dietro la sua aria da fallito imbecille, si bea della sua inettitudine, gli basta coltivare la speranza di diventare qualcuno (anche se non accadrà). Teddy, che somiglia più a una vittima che a un carnefice, è uno che si fa andare bene le situazioni per quello che sono, senza contrastarle. Altrimenti non ne trarrebbe vantaggio. E Ruth? Si dimostra la più meschina e schifosa: perversa, scaltra, senza morale: accetterà di prostituirsi come le viene proposto da Lenny e Max. Di fronte a tutto questo, Sam non fa nulla. E Teddy torna in America, senza indignarsi. Popolizio è sublime: dà vita a un Max ambivalente, cialtrone, puzzolente, in perfetto equilibrio fra violenza rassegnazione e ipocrisia. Tutto giocato su modulazioni vocali straordinarie e un’espressività del volto e corporea gestite con sapienza. Meraviglioso Christian La Rosa, che interpreta un Lenny viscido, giuggiolone e ironico al contempo. Un equilibrio difficile da realizzare. Eros Pascale col suo Teddy finto bonaccione ha dato prova d’una magistrale interpretazione. Pierluigi Pietricola