Stampa questa pagina

SETTE CONTRO TEBE (I) - regia Marco Baliani

"I sette contro Tebe", regia Marco Baliani "I sette contro Tebe", regia Marco Baliani

di Eschilo

traduzione Giorgio Ieranò

regia di Marco Baliani

costumi e scene Carlo Sala

musiche Mirto Baliani

con Marco Foschi, Aldo Ottobrino, Anna Della Rosa

danzatori Massimiliano Frascà e Liber Dorizzi 

coreografie Alessandra Fazzino

al Teatro greco di Siracusa - 53° ciclo di rappresentazioni classiche dell'INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico), - dal 6 maggio al 25 giugno 2017

www.Sipario.it, 10 maggio 2017

Marco Baliani fa iniziare I sette contro Tebe di Eschilo con un prologo ricostruito da lui stesso e decantato con chiarezza di dizione ed enfasi perfetta dall'aedo Gianni Salvo. E' una sorta di puntata precedente per informare il pubblico che ciò che vedrà nello spettacolo nasce dal mito di Laio figlio di Labdaco e sulla maledizione che grava sui suoi discendenti appunto i Labdacidi. I fatti, come sanno i cultori della materia, sono narrati nell'Edipo re di Sofocle, per chi è all'oscuro dirò soltanto che Laio sposando Giocastra s'è messo nei guai, perché l'oracolo di Apollo per ben tre volte gli ha detto di non avere figli, nel caso contrario lui e la sua famiglia avranno sfracelli e morti per almeno tre generazioni. Nasce Edipo, viene abbandonato sul Citerone, un pastore lo salva, quando è grande uccide in un vicolo colui che non sa essere suo padre Laio, scioglie gli enigmi della Sfinge ed è re di Tebe, sposa la madre Giocasta, con lei ha quattro figli, due maschi (Eteocle e Polinice) e due femmine ( Antigone e Ismene), a Tebe scoppia la peste, l'oracolo ammonisce che finirà solo se si conosce chi ha ucciso Laio, Edipo scopre d'essere lui il parricida, si strappa gli occhi sul corpo di Giocasta suicida, affida figli e regno al cognato Creonte. Siamo giunti così con I sette contro Tebe alla terza generazione maledetta, a quell'inizio tragico che è la guerra fratricida tra Eteocle e Polinice, nata perché il primo vuole tutto per sé il regno lasciato da Edipo invece di condividerlo un anno ciascuno con Polinice. Adesso l'Eteocle del possente Marco Foschi, dall'alto d'una casa matta, dietro la cavea del Teatro greco di Siracusa, chiama alle armi la sua gente con un discorso tipo pistolotto politico quando paragona Tebe ad una nave che non può affondare con tutti i suoi figli. Il campo di battaglia apparentemente sabbioso, in realtà ricco di piccoli trucioli di sughero, è attorniato da sette blocchi di pietra bianca ad indicare le sette porte della città e spicca al centro un secolare albero ricco di rami frondosi. Questa la scena di Carlo Sala, suoi pure i costumi di tipo tribale, occupata da un nutrito coro che danza selvaggiamente roteando spade e bastoni capitanato da una sorta di stregone o di indovino con pellicciotto nero e grande teschio d'uccello in testa. L'esercito di Polinice è alle porte, ma come ne Il deserto dei tartari di Buzzati, non lo si vedrà mai. "Tutto si svolge - chiarisce Giorgio Ieranò nelle note della sua chiara traduzione - nella dimensione claustrofobica della città assediata. Prevale una rappresentazione indiretta della realtà, in una sorta di drammaturgia dell'invisibile". Al suo posto apparirà invece il messaggero di Aldo Ottobrino che ha assistito nel campo nemico al giuramento dei sette guerrieri che guideranno l'assalto alle sette porte riconoscendo tra essi Polinice. Eteocle da canto suo stabilisce quali guerrieri tebani si opporranno ai sei guerrieri argivi, aggiungendo che a duellare col fratello sarà lui stesso. I loro nomi e le loro qualità belliche verranno sottolineate dal messaggero, mentre una parte del coro farà uscire da una struttura di bambù di foggia quadrata all'esterno e rotonda all'interno, simile a quella dell'uomo vitruviano di Leonardo, le maschere che indosseranno i sei guerrieri tebani che qualcuno poi adagerà in bella vista su ogni pietra/porta. Il coro delle vergini tebane è atterrito e la paura regna sovrana. E dunque nel segno di Caino e Abele si spargerà ancora una volta sangue fraterno, in una battaglia più virtuale che reale, propiziata dalle musiche di Mirto Baliani, in realtà solo suoni e rumori, fumogeni, scoppi di bombe e armi d'ogni tipo, rombi di aerei e di elicotteri in particolare, come in una nuova Apocalypse Now, che nelle intenzioni registiche di Marco Baliani vogliono essere un netto richiamo a quanto sta succedendo in Siria e nei paesi limitrofi. Eteocle e Polinice si sono ammazzati a vicenda fuoricampo, quel grosso albero s'è spaccato in due e i loro corpi vengono portati in scena e nel finale due altoparlanti, tipo quelli dei lager nazisti, si ergeranno e in alto e diffonderanno voci dure e minacciose. E mentre il corpo di Eteocle verrà sepolto con tutti gli onori, quello del traditore Polinice dovrà essere lasciato in pasto a cani e uccelli. Una legge che Antigone, veemente quella di Anna Della Rosa, non accetta come è ampiamente trattato nell'omonima tragedia di Sofocle, tuttavia qui seguirà il suo cadavere mentre la sorella Ismene accompagnerà quello di Eteocle. In evidenza i due danzatori Massimiliano Frascà e Liber Dorizzi con le coreografie di Alessandra Fazzino.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 12 Maggio 2017 10:42

Articoli correlati (da tag)

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.