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STORIA DI UN'AMICIZIA - regia Luigi De Angelis

Chiara Lagani e Fiorenza Menni in "Storia di un’amicizia", regia Luigi De Angelis. Foto Enrico Fedrigoli Chiara Lagani e Fiorenza Menni in "Storia di un’amicizia", regia Luigi De Angelis. Foto Enrico Fedrigoli

tratto dalla tetralogia, L’amica geniale di Elena Ferrante (Edizioni e/o),
ideazione Chiara Lagani e Luigi De Angelis,
con Chiara Lagani e Fiorenza Menni,
drammaturgia Chiara Lagani,
regia, light design, spazio scenico Luigi De Angelis
prodotto da Fanny & Alexander con Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia,
Ravenna Festival, E-production in collaborazione con Ateliersi,
ringraziamenti Lorenzo Gleijeses, Giorgia Sangineto, Sofia Di Leva, Andrea Argentieri
testi Elena Ferrante (brani da L’amica geniale), Chiara Lagani (brani liberamente
ispirati a Frank Lyman Baum, Toti Scialoja, Wislawa Szymborska);
musiche Luigi De Angelis (composizioni elettroniche liberamente ispirate
a John Sebastian Bach, Marin Marais, Alfred Schnittke e alla tradizione della taranta e tammurriata napoletana),
Patti Smith, temi per voce da Manuel De Falla, Dmitrij Šostakovič,
Alfred Schnittke e dalla tradizione catalana
catalogo gestuale liberamente ispirato alle coreografie di Pina Bausch,
Maurice Bejart, Trisha Brown, Anna Teresa De Keersmaeker,
al teatro Comunale, Casalmaggiore, 15 febbraio 2020

www.Sipario.it, 17 febbraio 2020

«Chissà se Elena Ferrante è venuta a vedere lo spettacolo. Mi immagino che se dovesse venire a vederci l’autrice de L’amica geniale sceglierebbe un teatro come il Comunale di Casalmaggiore piuttosto che una sala di Roma o Milano», riflette Chiara Lagani insieme a Fiorenza Menni al termine di Storia di un'amicizia, tre ore in compagnia del best-seller dell’autrice misteriosa cercata dalle due attrici fra i volti delle signore in platea. E viene da dire all’attrice e drammaturga: «Sicuramente lo spettacolo le sarebbe piaciuto».
Storia di un’amicizia riesce a portare a sintesi le ambiguità del legame fra Elena e Lila, la potenza della lingua del romanzo, la temperatura emotiva del racconto sintetizzandolo nelle tre parti: Le due bambole, Il nuovo cognome, La bambina perduta. La storia del legame fra Elena e Lila è in quelle bambole buttate nello scantinato, per gioco, per sfida, l’una proiezione dell’altra, l’una vittima dell’altra, come vittima si fa ogni amato per il suo innamorato. L’amica geniale per Chiara Lagani e Luigi De Angelis è una partitura fisica e coreografica, in cui le parole, il respiro della lingua trovano ritmo nei movimenti delle due attrici/danzatrici: Chiara Lagani e Fiorenza Menni, rispettivamente Elena e Lila, ma soprattutto amiche/vere.
Il racconto vive nella modalità scelta per narrarlo, la forma diventa contenuto per Fanny & Alexander. Chiara Lagani e Fiorenza Menni sono due bambole, due marionette in balia di una lingua e di un racconto che le muove, il loro stare in scena è fragile e potente, sognante e crudele, vive e si esprime in quei movimenti che non dicono, non raccontano le parole, ma impongono al ritmo della narrazione di essere incalzante, morbido, concitato o lento. La partitura coreografica che muove le due amiche porta la firma di gesti ‘rubati’ a Pina Bausch, Maurice Bejart, Trisha Brown, Anna Teresa De Keersmaeker, il complesso e avvolgente tappeto sonoro propone composizioni elettroniche liberamente ispirate a John Sebastian Bach, Marin Marais, Alfred Schnittke e alla tradizione della taranta e tammurriata napoletana, Patti Smith e temi per voce liberamente tratti da Manuel De Falla, Dmitrij Šostakovič, Alfred Schnittke e dalla tradizione catalana. Lagani/Menni sono un corpo unico, mosso da un fremito che non le abbandona, in balia delle parole, del racconto, amiche travolte, attraversate da quell’amore/legame che non dà tregua, quell’amicizia speciale che coniuga solidarietà e sfida, vicinanza e lontananza in una tensione fisica e coreografica che fa del racconto una corda tesa al suo limite. Tutto ciò compartecipa a fare del racconto dell’amicizia fra Elena e Lila un’esperienza che vuole avvolgere, risucchiare lo spettatore e non solo perché il suono è avvolgente e alla fine della prima parte Elena e Lila scendono nel buio della platea per cercare le loro bambole, come se ci trovassimo nello scantinato e, forse, gli spettatori fossero quelle bambole.
Dopotutto questo senso di coinvolgimento emotivo, uditivo e di racconto è la forza stessa della narrazione di Elena Ferrante e della sua tetralogia. In Storia di un’amicizia – come nel libro – bisogna essere disposti ad entrare, farsi accompagnare per mano dalle due interpreti e seguirle nel loro viaggio che si compie nel qui ed ora e – come capita nel vero teatro – ti porta ovunque e in tutti i tempi. Così la storia di Elena e Lila è storia con la S maiuscola, è nei video montati da Sara Fgaier in cui documenti in superotto si intrecciano con le foto e le immagini private delle due attrici, contributo video che è incisivo nella seconda parte dello spettacolo: Il nuovo cognome in cui vita, amori, invidie, perdite e ritrovamenti contraddistinguono il crescere delle due amiche. E come in un cerchio che si chiude con La bambola perduta la durezza, la crudezza della vita – come nelle favole per bambini – ha la dolcezza e la cantabilità di una filastrocca. Le due figure di Elena e Lila si sovrappongono, sono l’una lo specchio dell’altra, o forse sono la metà di quella mela platonica che spinge l’uomo a cercare il suo altro da sé che lo completi? Certo la riscrittura drammaturgica e la potenza espressiva di Chiara Lagani e Fiorenza Menni fanno di Storia di un’amicizia un lavoro che chiede allo spettatore di partecipare emotivamente, né più né meno della scrittura di Ferrante che ha la forza di sedurre, portare a sé il lettore. E questo accade con forza nella filastrocca finale in cui la perdita della figlia di Lila diventa uno scioglilingua, diventa una cantilena tanto dolce come tremenda, scomparsa che alla fine accomunerà anche Lila e la cui presenza – per dispetto o per amore – è fermata dalla scrittura di Elena Ferrante. Il pubblico che si è fatto conquistare non può che applaudire a lungo e calorosamente le interpreti e un lavoro di rara bellezza e dolce potenza di racconto.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 19 Febbraio 2020 22:10

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