di Stephen Temperley
commedia in musica per due persone e un pianista
traduzione e adattamento di Edoardo Erba
con Francesca Reggiani, Massimo Olcese e Francesco Leineri
regia Roberto Tarasco
produzione Infinito Teatro, in coproduzione con Argot
Bassano del Grappa, teatro Remondini, 21 e 22 ottobre 2020
Se non fosse per il senso di amarezza che sullo sfondo appare nella vicenda (vera) di Florence Foster Jenkins, cantante lirica americana diventata famosa per le intonazioni e il ritmo del tutto mancanti, che arriva al successo nonostante i suoi limiti, si potrebbe dire che la commedia di Temperley provoca “solo” del piacevole divertimento e talvolta spassosi quadretti comico-brillanti, dimostrando che una forte passione perseguita continuamente in un’esistenza può portare a risultati importanti. Ma, appunto, grattandoci un po’ sopra si vede un dramma, piccolo o grande esattamente non lo si può sapere realmente, quello di una vita passata si’ nel successo e nella fama, ma anche a essere vittima continua di derisione da parte di pubblico e critica. L’adattamento di Edoardo Erba punta soprattutto sulla leggerezza, giustamente, come tutta l’operazione, anche se a momenti si può leggere in quella situazione dietro l’apparenza e provare a indovinare quale potrebbe essere il destino che inesorabilmente va a compiersi. Certo è che regna sovrana, e per fortuna, proprio questa leggerezza che impone le risate al pubblico che assiste alla sciagurata autoconvinzione di Florence nell’essere una cantante dotata, così grande da paragonarsi ad altri soprani della lirica del tempo dal nome prestigioso. Siamo negli anni Quaranta, a New York, la Foster Jenkins è una signora d’alta borghesia che si convince di avere qualità artistiche di grande livello, nonostante Cosmè McMoon, il suo pianista consigliatore, alla fine rassegnato, la inviti più volte a osservarsi meglio, a non dare per nulla scontato l’orecchio assoluto che per lei, cara Florence, è un dono, e così va avanti. Si esibisce perlopiù in limitati spazi e in una sala da ballo dell’hotel Ritz a Manhattan, dove (auto)celebra il suo recital per la quale, raggiunta una fama, non importa quale, si occupa personalmente della distribuzione dei biglietti. E’ una strana società, quella della cantante e del suo fido pianista,in un certo senso una macchina da guerra che pian piano convince anche il musicista stesso nonostante deriso dai colleghi a proseguire quella strada, in una sorta di fidata collaborazione reciproca. Che infatti porta a certi risultati fino al concerto più importante, con la Foster bramata dal pubblico, richiestissima, nientemeno che alla Carnegie Hall, già allora e ancor oggi probabilmente la più importante sala da concerti del mondo. Tra dischi incisi, passerelle con mises variopinte corredate anche di paralumi, e una “Serenata messicana” scritta da McMoon e interpretata-personalizzata da lei, è lì che la soprano prende coscienza (o precedentemente ha solo fatto finta? Chissà, questa potrebbe essere un’ ipotesi), e la storia si consuma, termina, qualche settimana dopo quel concerto. La messa in scena di Tarasco dichiara linearità alla storia, non ha eccessi fastidiosi, tutt’altro. Sembra di assistere, devo dire con grande piacere, a certi spettacoli semi-musicali com’era “Burlesk” di Scaglia o “Gianni Ginetta e gli altri” della Wertmuller, dove musica e teatro si mischiano diventando unica massa per il gusto e l’orecchio dello spettatore. Si tratta quantomeno di una commedia bizzarra, inteso come un complimento, che tocca corde diverse e le esplica con ironia e sorrisi. Dal canto loro i tre interpreti ben se la cavano, Lisieri suonando ottimamente il pianoforte affiancandolo a un po’ di recitazione (è Cosmè da giovane), Francesca Reggiani proponendo i consueti suoi registri di attrice comica e brillante e Massimo Olcese che con un’equilibrata ed elegantissima prova d’attore mette se stesso e la sua esperienza di interprete dotato di tecnica a servizio del suo personaggio, Cosmè. Il tutto funziona bene per la briosità che aleggia nell’aria, che gli spettatori del teatro bassanese applaudono convintamente, segnale che alcune operazioni se ben costruite funzionano sempre.
Francesco Bettin