di Ingmar Bergman
traduzione italiana di Piero Monaci
adattamento teatrale di Alessanedro D’Alatri
regia di Raphael Tobia Vogel
con Fausto Cabra e Sara Lazzaro
scene di Nicolas Bovey, luci di Oscar Frosio, mauica di Matteo Ceccarini
costumi di Nicoletta Ceccolini, contenuti video di Luca Condorelli
produzione Teatro Franco parenti
a Cremona, Teatro Ponchielli, 14 gennaio 2025
Il sipario fa intravvedere la scena: un ambiente domestico: il salotto e la camera da letto dove Giovanni e Marianna si mettono a nudo, affrontano con malcelata consapevolezza la crisi di una relazione apparentemente normale. ‘Scene da un matrimonio’ di Ingmar Bergman trasforma gli spettatori in voyeur, in spioni dell’intimità dei due coniugi – al secolo Fausto Cabra e Sara Lazzaro – che si ritrovano a mettere a nudo il loro matrimonio, a svelarne i segreti, i silenzi del non detto, del taciuto che rode e corrode. Si parte dal tran tran quotidiano che svela un’intimità sessuale congelata dalla presenza delle figlie. Dai rapporti con i genitori che condizionano la vita familiare si deraglia verso un senso di soffocamento che prima sembra cogliere Marianna, avvocato divorzista, e poi deflagra in Paolo, professore universitario che si invaghisce di Paola, una 23enne. Ma non è una questione solo di tradimento, quello che Bergman e l’adattamento di Alessandro D’Alatri portano in scena, è di più: è l’impossibilità, nella gabbia matrimoniale, di frequentare il desiderio, l’incapacità di fare i conti con sé stessi, la prigionia di una convivenza, sostenuta dalla rispettabilità dei riti borghesi, destinata a sbriciolarsi sotto i colpi dell’insoddisfazione. Il regista Raphael Tobia Vogel porta in scena il testo di Bergman con un nitore apprezzabile e affida alle scene di Nicolas Bovey e alle luci di Oscar Frosio una centralità visiva che ne fanno un personaggio. I due protagonisti non si limitano ad abitare quello spazio domestico in cui arredi e i movimenti contribuiscono a rendere visibile la guerra di battute e controbattute, di ricatti emotivi e sensi di colpa, destinati a confluire in una violenza subita e cercata, in un fare all’amore che toglie il respiro. Il testo procede per scene con un loro titolo e marche temporali ben precise che scandiscono la rotta o il naufragio di quel matrimonio. Il cambiare di scena e lo scorrere del tempo sono cadenzati dal mutare di abiti e dal cambiare degli arredi, azioni che Cabra e Lazzaro condividono, in controluce, con una serie di servi di scena che li aiutano e li sostengono, in una danza elegante e leggera, accompagnata dalle musiche di Matteo Ceccarini, dai video di Luca Condorelli e dai costumi di Nicoletta Ceccolini. Questa sorta di disvelamento della finzione gioca su un doppio piano: quello emotivo del racconto e lo straniamento che porta il disvelamento della finzione. Ma a differenza di tanto teatro postdrammatico, in questo caso il mostrare il cambio di scena non è finalizzato a frustrare e allontanare lo spettatore, ma a renderlo partecipe della trasformazione del luogo, del tempo e dei corpi. Cabra e Lazzaro sanno essere credibili, sanno costruire i loro personaggi con controllo realistico, crescono pian piano: dall’intervista via tablet iniziale fino alla violenza finale, che preclude a una sorta di fantastico e interrogante happy end, non a caso fuori dall’ambiente domestico. I due si ritrovano dopo anni sposati, ognuno con una loro vita, nel testo di Bergman si danno appuntamento in un capanno per festeggiare il ventennale del loro passato matrimonio. Una scena che il regista pone alla ribalta, illuminata da una luce bianca che trasfigura e fa dei corpi degli attori due ‘fantasmi’ che si coccolano, si addormentano l’uno accanto all’altra, entrambi innamorati ancora l’uno dell’altra, ma, come capita per certe relazioni, incapaci di stare insieme, se non come amanti. Cabra e Lazzaro sanno portare con coerenza fino alla fine il gioco al massacro di Giovanni e Marianna e lo fanno con estrema eleganza e una leggerezza non priva di angoscia. ‘Scene di un matrimonio’ di Vogel è un lavoro di onesto e raffinato mestiere teatrale, che sa tirar dentro lo spettatore, farlo divertire e inquietare e per questo si conquista il meritato applauso del pubblico. Vince il teatro, vince sempre, malgrado le chimere pop che quest’anno hanno sedotto chi spesso organizza i cartelloni teatrali sempre meno interessanti e che risentono della necessità di far cassa e non frequentare onestamente i tempi lunghi e il contagio lento del teatro. Scene da un matrimonio è la testimonianza che fare un teatro di tradizione non polveroso è possibile. Bisogna crederci. Lo si tenga a mente per il prossimo anno. Nicola Arrigoni