Regia e drammaturgia di Leonardo Mercadante, Orazio Berenato, Chiara Trimarchi
Interpreti: Gabriele Casablanca O’Brien/O), Orazio Berenato (Winston/W) e Chiara Trimarchi (Julia /G.J)
Alla consolle luci: Davide Colnaghi
Produzione: Teatro dei Naviganti, in collaborazione con Perle di Vetro.
Magazzini del Sale di Messina 17 e 18 maggio 2025
Sulla piccola scena dei Magazzini del Sale tre personaggi cazzeggiano, sgranocchiando biscottini, parlando di cinema, di limoni e bolle di sapone. Ad un tratto Gabriele Casablanca, detto O’Brien o semplicemente “O”, scova tra le varie cianfrusaglie il libro 1984 di Orwell. Pare sia questo l’oggetto d’un loro prossimo spettacolo teatrale, che prende avvio con una certa naturalezza, diventando lo spazio scenico con le pareti mattonate di rosso, una “stanza della tortura”, se non pirandelliana quanto meno vicina a quel Théâtre de la Cruauté di Artaud giusto per scioccare il pubblico e renderlo consapevole della brutalità della condizione umana. “O” si occupa di marketing e di comunicazione, insomma di come la gente vede la realtà che equivale poi alla verità. “G” (Chiara Trimarchi) è una giornalista d’inchieste d’un piccolo giornale di provincia, mentre, mentre “W” (Orazio Berenato) sta scrivendo una commedia da portare in Teatro, con qualche velleità perché resti nelle antologie teatrali. Pare che “G” e “W” stiano insieme, ma a “O” gli interessa poco, preso com’è ad affermare che chi ha il potere ha ragione e chi ha ragione ha il potere, infilando i due intellettuali in quella Stanza de paura segnata col numero 101. Poi “O” si metamorfosa in una sorta d’inquisitore, una sorta di grande fratello, legando “W” ad una sedia, fasciandogli gli occhi con una benda nera e infilando nella bocca di “G” una rossa pallina di gomma impedendole di emettere verbo. I momenti di crudeltà diventano grotteschi, lontani da quelli reali che vediamo in Libia e in tutta quella parte dell’Africa del Nord lordata dal sangue innocente di tanti giovani che scappano dalle loro case per trovare la libertà e un lavoro in Europa e nel resto del mondo. Sembra che i tre protagonisti cui si deve la scrittura scenica e la regia di questo lavoro, lancino un messaggio chiaro di ciò che i cittadini di tutto il mondo stanno vivendo in questi tempi difficili, che vanno interpretati e capiti, dove veramente ci stiamo infilando, forse in un cul-de-sac, certamente in una realtà che definirei kafkiana. Leonardo Mercadante autore e regista del testo assieme a Orazio Berenato e Chiara Trimarchi, cui si aggiunge Gabriele Casablanca nei panni del cattivo inquisitore, pensano che “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. Riguardo poi alla Santa Inquisizione, gli autori sono convinti che è stata un grande fallimento, perché all’inizio, dichiarando di voler sradicare l'eresia, finì per renderla immortale. Addirittura per i tre autori, “i nazisti e i comunisti furono anche più feroci dell'Inquisizione, perché prima di sottoporre le proprie vittime a un processo pubblico, si impegnavano con ogni mezzo per distruggerne la dignità. Malgrado ciò, appena qualche anno dopo i morti erano diventati martiri”. Pare che oggi vige solo un imperativo: se non appari sui social non sei nessuno, i posteri non sapranno nulla di te. Non sei mai esistito. Cancellato totalmente dal corso della storia. Di te non resterà nulla, né il nome in un qualche archivio, né il ricordo nella mente di qualche essere vivente. Sarà come se tu non fossi mai esistito. Il mondo oggi è diventato questo: paura, inganno e tormento. La Stanza 101, dal titolo dell’interessante spettacolo, ripreso dal distopico romanzo 1984 di George Orwell, è una particolare sala di tortura utilizzata dai funzionari del Ministero dell'Amore. I supplizi che vengono inflitti in questa stanza sono studiati per realizzare le peggiori fobie che affliggono il prigioniero. I nomi dei protagonisti sono quelli del romanzo. Ma in questo spettacolo non vedremo Winston che ha paura dei topi, né O'Brien che lo minaccia di fargli dilaniare il volto da due grossi ratti, chiusi in una sorta di gabbia fissatagli sulla testa. Sappiamo che la stanza 101 ha come scopo quello di eliminare ogni forma di sentimento umano del prigioniero in modo tale da distruggerlo totalmente, tant’è che ad un tratto Winston implora i suoi carcerieri di sottoporre alla tortura la sua compagna Julia. E dunque cosa resta di 1984, così come recita il sottotitolo dello spettacolo? Intanto resta intatto il suo messaggio che è quello di mettere in guardia il lettore su ciò che potrebbe accadere (e forse oggi sta puntualmente accadendo in Russia, Ungheria, Turchia e Medio Oriente etc…) lì dove vigono regimi autoritari, dittatoriali direi, dove un semplice individuo non solo è controllato ma deve stare attento a ciò che dice e (se giornalista) a ciò che pubblica, ne vale della sua vita. Appare fondamentale la lettura di questo libro, come trovo necessario vedere questo spettacolo teatrale, soprattutto in un momento così particolare per l'umanità intera dove la libertà e la democrazia sono in pericolo e un “Grande fratello” è lì pronto a dirci cosa fare o non fare. In conclusione, Orwell, fortemente critico contro ogni forma di totalitarismo, è stato in grado di anticipare (il romanzo è stato pubblicato nel 1949) ciò che l'umanità intera vive, ahimè, nel momento attuale, schierandosi contro l'appiattimento delle menti e contro l'indifferenza, in grado di annullare la libertà, la dignità individuale e il pensiero critico. Gigi Giacobbe