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SIOR TODERO BRONTOLON - regia Giuseppe Emiliani

Sior Todero Brontolon Sior Todero Brontolon Regia Giuseppe Emiliani

di Carlo Goldoni
regia: Giuseppe Emiliani
scene: Nicola Rubertelli
costumi: Carla Ricotti
con Giulio Bosetti e Marina Bonfigli
Milano, Teatro Carcano, dal 13 febbraio al 2 marzo 2008
Milano, Teatro Carcano, fino al 9 aprile 2009

Corriere della Sera, 3 aprile 2009
Il Messaggero, 5 aprile 2008
Corriere della Sera, 17 febbraio 2008
Sior Bosetti brontolone «beckettiano»

L' interpretazione che Giulio Bosetti dà dell' avaro, dispotico protagonista de «Sior Todero brontolon», che Goldoni scrisse nel 1762, è il punto di forza e novità di questa bella edizione con la regia di Giuseppe Emiliani. È un vecchio livido che conosce solo il pronome di prima persona «mi», io, chiuso com' è nella gabbia della sua cattiveria visualizzata nella bella scena di Nicola Rubertelli da una stanza circolare, claustrofobico regno di Todero. Il volto bianco, incollerito, Bosetti disegna con maestria un vecchio misantropo torvo, dai toni aspri come quelli di un Hamm beckettiano, per il quale le parole di speranza, di desiderio hanno perso ogni significato e non resta che giocare fino in fondo la propria partita. E la sua è una partita di ottusa disperata affermazione di sé contro la vecchiaia e la morte. Ma il Todero di Bosetti è anche la metafora d' un mondo in piena decadenza avido, involgarito dal desiderio di possedere e conservare. Nella commedia, nella quale il vecchio osteggia per becera convenienza il matrimonio della nipote col bel Meneghetto voluto dalla nuora e dal debole figlio, vi anche è lo sguardo attento sulle donne e sui giovani come portatori di libertà. Ottima la compagnia da Marina Bonfigli a Nora Fuser, da Sandra Franzo a Francesco Migliaccio, da Tommaso Amadio a Alberto Mancioppi.

Magda Poli

Bosetti, magnifico sior Todero

Andate al Quirino, entro il 20 aprile, per vedere come Giulio Bosetti si trasformi nel Todero goldoniano. Quando si apre la gabbia che lo contiene (le belle scene sono di Nicola Rubertelli) appare questo vecchio ricurvo evocante il Paolo III di Tiziano (pure lui, coi nipoti, aveva il suo daffare): traffica col libro dei conti intento nel suo studio, manco fosse il san Girolamo di Antonello, e non riesce a nascondere il ghigno dei demonietti di Bosch che guardano di sottecchi fuori dal quadro. Intorno a questo magnifico sior Paròn ("signor padrone", lo spettacolo è in veneto stretto ma comprensibilissimo), avaro di tasca e di sentimenti, ruotano una decina di figure ben tratteggiate, tra cui la giustissima Marcolina di Nora Fuser, l'insinuante Fortunata di Marina Bonfigli e la servetta di Sandra Franzo, scaltra e timorosa come si addice al suo ruolo. Giuseppe Emiliani ha raccolto un bel cast (tra gli altri, citiamo anche Francesco Migliaccio, Tommaso Amadio e Alberto Mancioppi) per due ore di gradevole messinscena contrappuntata dall'ironica suspence delle musiche di Giancarlo Chiaramello. Nel complesso, niente di nuovo, ma fa comunque centro.

Paola Polidoro

Bosetti nella gabbia della cattiveria

Punto di forza della bella edizione, con la regia di Giuseppe Emiliani, di Sior Todero brontolon, che Goldoni scrisse nel 1762, è l' interpretazione che Giulio Bosetti dà dell' avaro, dispotico protagonista. Un vecchio livido che conosce solo il pronome di prima persona «mi», io, chiuso com' è nella gabbia della sua cattiveria visualizzata nella scena di Nicola Rubertelli da una stanza circolare, claustrofobico regno di Todero. Il volto bianco, incollerito, Bosetti disegna con maestria un vecchio misantropo torvo, dai toni aspri come quelli di un Hamm beckettiano per il quale le parole di speranza, di desiderio hanno perso ogni significato e non resta che giocare fino in fondo la propria partita. E la sua è una partita di ottusa disperata affermazione di sé contro la vecchiaia e la morte. Ma il Todero di Bosetti è anche la metafora d' un mondo in piena decadenza, avido, il ritratto dell' imbarbarimento della figura del mercante involgarita dal desiderio di possedere e conservare. Nella commedia, nella quale il vecchio osteggia per becera convenienza il matrimonio della nipote col bel Meneghetto voluto dalla nuora e dal debole, succube figlio, vi anche è lo sguardo attento sulle donne e sui giovani come portatori di libertà sempre se la loro ragione non è guidata dall' eccesso. Ottima la compagnia. La nuora, interpretata con bella umanità e vigore da Nora Fuser, è una di quelle donne che se guidate da assennatezza e da moderazione, come i giovani di cui il Meneghetto di Tommaso Amadio è un esempio, possono «cambiare il mondo». Amica di casa, motore e complice con la nuora della beffa a Todero è la brava, calibratissima Marina Bonfigli. Bravi anche Francesco Migliaccio, il fragile marito, Federica Castellini la figlia, Sandra Franzo la servetta, Alberto Macioppi l' untuoso amministratore e Franco Santanelli il vecchio rassegnato servo.

Magda Poli

Ultima modifica il Mercoledì, 02 Ottobre 2013 09:23

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