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SITUATION (THE) - regia Yael Ronen

"The situation", regia Yael Ronen. Foto Ute Langkafel "The situation", regia Yael Ronen. Foto Ute Langkafel

di Yael Ronen e Ensemble
Regia: Yael Ronen
Con: Ayham Majid Agha, Karim Daoud, Maryam Abu Khaled, Orit Nahmias, Dimitrij Schaad, Yousef Sweid
Scena: Tal Shacham
Costumi: Amit Epstein
Musica: Yaniv Fridel, Ofer Shabi
Luci: Jens Krüger
Drammaturgia: Irina Szodruch
Berlino, Teatro Maxim Gorki, dal 4 settembre 2015

www.Sipario.it, 16 ottobre 2015

Se Yael Ronen non è certamente nuova alla messa in scena della labilità di confine tra teatro e realtà, è con il suo ultimo spettacolo The Situation che la regista israeliana porta la commistione tra fiction e non-fiction alle sue estreme conseguenze. Nello spettacolo con cui il teatro Maxim Gorki ha inaugurato la stagione 2015/2016 la realtà fa infatti letteralmente irruzione sulla scena: la realtà storica odierna e la realtà biografica degli attori, entrambe intrise di finzione, ma non per questo meno vere della realtà stessa, nuda e cruda.

I personaggi dello spettacolo ideato dalla Ronen insieme all'ensemble del Gorki si incontrano durante un corso di tedesco tenuto nel quartiere berlinese di Neukölln, storicamente caratterizzato da un'alta percentuale di immigrati mediorientali e dunque definito da un alunno "un fantastico villaggio palestinese". Insegnante del corso è un certo Stefan (Dimitrij Schaad) dai capelli ben pettinati e meticolosamente divisi da una riga di lato e vestito con una polo giallo canarino. Inizialmente gli alunni sono soltanto due, Amir (Yousef Sweid, ex marito della Ronen) e Noa (Orit Nahmias), marito e moglie, lui palestinese, lei israeliana. A loro si aggiungono poi altri tre giovani partecipanti, due palestinesi (Laila e Karim) e un siriano (Hamoudi). Nonostante il contesto, complice l'irrefrenabile tendenza di Stefan a voler integrare a tutti i costi i suoi alunni e scavare nelle loro identità, l'apprendimento della lingua tedesca finisce per scivolare in secondo piano. La grammatica viene letteralmente scalzata da un'animata discussione sulle dinamiche della Situation che accomuna tutti i presenti: "Situation" si rivela dunque essere il termine tecnico, in arabo ed ebraico, per indicare la congiuntura politica in Medio Oriente, da cui i personaggi sono fuggiti, lasciandosela fisicamente alle spalle e continuando tuttavia a venirne perseguitati, anche a Berlino.

L'insegnamento della grammatica, metodicamente articolato in lezioni quali "5 W", "passato", "pronomi personali", "futuro" e "presente", che a loro volta scandiscono la spettacolo in sezioni, fornisce appigli per rievocare di continuo la Situation. La domanda "chi sei?", una delle 5 W in tedesco e inglese, diventa occasione per approfondire la questione identitaria; i pronomi personali "noi-voi" fomentano le rivalità; il tempo passato dei verbi spinge gli alunni a raccontare della propria vita in patria; il futuro si rivela non utilizzabile, poiché i partecipanti ritengono non ci sia alcun futuro; e il presente? Beh, la Situation è il presente.

È così che tra umorismo nero, gag e acrobazie, in un mix di inglese, tedesco, ebraico, arabo e russo (ragion per cui lo spettacolo è completamente sopratitolato in inglese e tedesco), nella teoricamente pacifica Berlino rivivono lontane e passate tensioni. I coniugi Noa e Amir, dopo aver raccontato le difficoltà di un matrimonio israelo-palestinese, finiscono con lo sbandierare screzi privati e il desiderio di divorziare, "ma non per ragioni politiche", ci tiene a sottolineare la spumeggiante Noa, "bensì perché mio marito è un uomo e io una donna e questo non funziona". Laila (Maryam Abu Khaled) e Karim (Karim Daoud) trovano nell'hip-hop e nel parkour il mezzo per raccontare della fuga da guerra e discriminazione. Hamoudi (Ayham Majid Agha) parla della terribile assuefazione al conflitto. Addirittura l'insegnante Stefan, in balia dell'accesa discussione, si abbandona a un'intima confessione: il suo vero nome è Sergej, originario del Kazakistan sovietico, un "miracolo dell'integrazione".

The Situation riesce ad affrontare un tema delicato con estrema onestà. Il grottesco e l'iperbole non infastidiscono, al contrario suggeriscono un approccio originale alla questione mediorientale, che evita il tabù e predilige schietta tematizzazione e intrattenimento.

Gloria Reményi

Ultima modifica il Lunedì, 19 Ottobre 2015 13:07

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