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TRANSVERSE ORIENTATION - ideazione, visualizzazione e concezione Dimitris Papaioannou

"Transverse Orientation", ideazione, visualizzazione e concezione Dimitris Papaioannou "Transverse Orientation", ideazione, visualizzazione e concezione Dimitris Papaioannou

A piece for eight performers
ideazione, visualizzazione e concezione Dimitris Papaioannou
con Damiano Ottavio Bigi, Šuka Horn, Jan Möllmer, Breanna O’Mara, Tina Papanikolaou, Łukasz Przytarski, Christos Strinopoulos, Michalis Theophanous -
musica Antonio Vivaldi
set design Tina Tzoka & Loukas Bakas
composizione sonora + design Coti K.
costumi Aggelos Mendis - collaborazione disegno luci Stephanos Droussiotis
supervisione musica Stephanos Droussiotis
sculture + costruzioni speciali + oggetti di scena Nectarios Dionysatos
invenzioni meccaniche Dimitris Korres
produttore creativo-esecutivo e assistente di direzione Tina Papanikolaou,
al teatro Romolo Valli, Reggio Emilia, Festival Aperto, 3 ottobre 2021

www.Sipario.it, 7 ottobre, 2021

Dalle incisioni rupestri della Valle Camonica a The Truman show con quella porticina di lato che si apre sul buio e da cui entrano oggetti e figure… In mezzo ci sono il ratto d’Europa, la taurocatapsia, ovvero la danza sui tori della tradizione cretese micenea, il Minotauro con il suo labirinto, le mura di Micene, erette e destinate a crollare…. Come ogni cosa umana e frutto dell’agire senza sosta dell’uomo in cerca di un senso nel mondo.
Con Dimitris Papaioannou osare nello sguardo è un dovere: lo è per l’artista greco che costruisce immagini in movimento, facendo dei performer dei servi di scena al servizio della fabula, ma è anche una necessità per lo sguardo dello spettatore che vede bulimico, si ritrova sollecitato, eccitato da rimandi e citazioni infratestuali destinati a emergere pian piano, nella memoria di ciò a cui ha assistito. Tutto ciò – si crede – accada in Transverse Orientation in cui il movimento delle immagini scorre in maniera orizzontale, seguendo la luce, lungo una sorta di tela bianca – il fondale – su cui si arrampicano le figurine nere degli attori performer, divenendo segni e perdendo in tridimensionalità, per poi acquistare carnalità e potenza fisica nella nudità dei corpi e nella plasticità del fare e costruire la scena.
Su quel foglio bianco si proiettano, si compongono le immagini di un viaggio nel tempo e nella cultura occidentale e mediterranea. Di nero vestiti i danzatori assomigliano agli omini guerrieri delle incisioni rupestri della Valle Camonica, armeggiano intorno a una scala dal vago sentore magrittiano, ma che protesa a un neon che non funziona ricorda le scale della Deposizione di Rosso Fiorentono. E ancora quel toro che mosso dai danzatori sfida ed è sfidato dall’uomo è simbolo mitico, racconta del Minotauro e del Ratto d’Europa in un prosieguo di immagini e di tableaux vivant che affondano le mani nella cultura occidentale. Ci sono le figurine deformi e mostruose dei quadri di Hyerominus Bosch nel muoversi di due danzatori intrecciati fra loro, c’è l’omaggio alla Venere del Botticelli in una elegante fontana zampillante, ci sono le madonne del Rinascimento italiano contenute nella mandorla mistica che si materializzano nell’immagine di una vergine che mette alla luce il figlio. In Transverse Oriventation a correre su quella lunga tela bianca è la storia dell’Occidente, in cui fanno capolino l’Uomo Vitruviano, ma anche certe figure inquietanti di Savinio e De Chirico. Dagli omini stilizzati si passa ai corpi statuari dei danzatori che offrono tridimensionalità carnale al pensiero artistico di Papaioannou. Si ha l’impressione a tratti che davanti agli occhi dello spettatore si componga una nuova Guernica e non solo per la dimensione della tela bianca su cui i corpi servizievoli dei danzatori/performer disegnano una possibile apocalisse e una rinascita aurorale. L’acqua è un elemento costante, lo è nell’azione di abbeverare il toro, lo è nel riflesso che inghiottirà una Dama del lago, lo è nel sottosuolo di un terreno che diventa sconnesso, in cui le tavole della scena vengono messe sottosopra per costruire una sorta di terra desolata… e l’ultima immagine è di un uomo che osserva l’alba o il tramonto dell’Occidente e dall’altra parte un’altra figura con un mocio in mano… in attesa. Buio.
Transverse Orientation è un inno d’amore dolente e funereo all’Occidente, alla sua identità, alla sua estetica, alla sua storia, ad un’umanità che si arrabatta, agisce, va in cerca di una qualche eternità. Vi si assiste in una condizione di perenne sospensione, suggerita dalla struggente rielaborazione della musica di Antonio Vivaldi, e da quei corpi che si fanno immagini e da quelle immagini che sono corpi incisi sulla sabbia.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Venerdì, 08 Ottobre 2021 18:56

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