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TEMPO DI SECONDA MANO - regia Carlo Cerciello

"Tempo di seconda mano", regia Carlo Cerciello "Tempo di seconda mano", regia Carlo Cerciello

di Svetlana Aleksievič
drammaturgia di Florian Borchmeyer
con Roberto Abbati, Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Mariachiara Falcone,
Massimiliano Sbarsi, Serena Mazzei, Bruna Rossi, Imma Villa, Pavel Zelinskiy
e con Bianca Maria Cavalca
scene di Roberto Crea
costumi di Daniela Ciancio
luci di Pasquale Mari
musiche di  Paolo Coletta
aiuto regia Aniello Mallardo
regia  di Carlo Cerciello
produzione Fondazione Teatro Due
al Teatro Due, Parma, 2 aprile 2023

www.Sipario.it, 4 maggio 2023

La scena di Roberto Crea mostra un enorme falce e martello mezzi sommersi dal ghiaccio, ricorda un po’ la Statua della libertà congelata del film The day after tomorrow. L’alba del giorno dopo, film distopico sull’apocalisse climatica. È questa una suggestione che stigmatizza come i due sistemi: l’ex URSS e gli USA per certi versi siano accomunati da una sorta di previsione tragica del crollo dei sistemi che rappresentano. E se questo deve ancora accadere per gli USA il cui sistema capitalistico sembra destinato a una lenta implosione, non è stato così per l’utopia del socialismo reale e - nell’immanenza della storia - per la vicenda politica della Russia, poi Urss e ora di nuovo Russia sedotta dal capitale. 

Tempo di seconda mano di Svetlana Aleksievič è una sorta di oratorio laico, è un viaggio polifonico ma con vocalità monodica nella storia e nel tempo della Russia, attraverso le voci e le testimonianze raccolte nel romanzo di oltre 700 pagine della scrittrice e giornalista, Premio Nobel per la letteratura nel 2015. La drammaturgia di Florian Borchmeyer sceglie alcune testimonianze del lavoro di docu/fiction messo in atto dalla giornalista con interviste a testimoni della Russia di oggi e di un tempo, testimoni diversi per età e professioni, passato e fedeltà al regime, uno spaccato della società sovietica prima e russa poi che contribuisce a dare conto di un grande sogno chiamato Russia, di un sistema-mondo che si è sgretolato pian piano, con il colpo ferale del golpe di Eltsin nel 1991. 

La drammaturgia di Borchmeyer e la servizievole regia di Cerciello procedono per accostamenti di storie, giocando sui due cardini temporali del docu/racconto il 1937 e la figura di Stalin e il 1991. Le testimonianze coesistono nello spazio pur appartenendo a tempi storici differenti, i costumi di Daniela Ciancio hanno un che di cechoviano, il loro bianco è quello di fantasmi, ma anche il bianco di tanti allestimenti cechoviani con un’aristocrazia in disfacimento che nella calura dell’estate russa vive di ricordi in Dacia, vive di un passato mitico e non si rassegna alla modernità che incalza. Queste sono le suggestioni che mette in atto Tempo di seconda mano, laddove il titolo fa riferimento a un mondo che non sta più nel linguaggio e nella narrazione che lo aveva contenuto, un mondo fatto di parole e idee usurate, che tornano e ritornano quali ancore di salvezza di fronte a un cambiamento da cui si è travolti, che non si è riusciti a governare. Il passaggio dal regime zarista a quello sovietico e ora al regime putiniano segna la storia remota e recente della grande Russia, meglio del suo popolo, anonimo e sempre affamato di un nuovo avvenire, più luminoso e gratificante, ma anche ancorato a un passato che si tinge di nostalgia e che profuma di sicurezza. Tutto è come congelato, immobile, la regia di Carlo Cerciello costruisce una polifonia monocorde, inchioda i personaggi alla scena e alle loro parole, ci chiede di assolutizzare i loro racconti e di stupirci dell’eterno ritorno vichiano di un’umanità fatta di piccoli e anonimi uomini. In questa direzione si muovono gli attori corpo unico d’un volgo disperso che nome non ha… o meglio ha nome nel suo essere russo ma non nelle sue singole individualità. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Sabato, 06 Maggio 2023 10:08

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