di Euripide, Seneca Sartre
da La guerra di Troia non si farà di Giraudoux
adattamento e regia di Carlo Cerciello
con Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei
costumi di Antonella Mancuso
musiche originali di Paolo Coletta
realizzazione scene di Andrea Iacopino, video editing di Fabiana Fazio
realizzazione costumi LAB.DONADIO e DANZA CREATA, aiuto regia Aniello Mallardo
produzione Fondazione Teatro Due, Anonima Romanzi Teatro Elicantropo
al Teatro Due, Parma, 12 febbraio 2025
Elena canta, Happy Birthday Mister President, con un fare da pin up, seduta al tavolino con ombrellone, là, lontana, in un empireo molto pop. A pochi metri dagli spettatori, sulla spiaggia di Ilio, ci sono le donne troiane: Ecuba, vedova di Priamo, la profetessa Cassandra, destinata al letto di Agamennone e la sventurata Andromaca, che, poco dopo aver perso il marito Ettore, è costretta ad assistere impotente alla morte del figlioletto Astianatte. Le tre regine sono tre donne mediorientali, tre vittime della guerra e del non senso degli orrori e delle atrocità che portano con loro tutte le guerre. Non c’è attualizzazione, ma c’è la potenza del racconto ne Le troiane di Cerciello che intreccia il testo di Euripide con quelli di Seneca, Sartre e Giraudoux e ne fa una narrazione tesissima e potente sul non senso di ogni conflitto, sull’eidolon, il simulacro, il fantasma di Elena che è pre-testo della guerra. La crudeltà, la violenza coinvolgono vittime e carnefici, greci e troiani, assaliti e assalitori e tutto a causa di un’immagine, di quella Elena che non sarebbe mai stata rapita, una sorta di fake-news ante litteram, «uno strumento di propaganda guerrafondaia, ma è anche vittima della sua stessa bellezza, l’icona, suo malgrado, di una visione fallocratica che l’ha condannata ad un’esistenza di pregiudizi». Inutilmente Elena dichiarerà la sua verità, non creduta, chiamata a vestire il ruolo di causa, così come l’effetto della guerra sarà incarnato dalla condanna alla schiavitù delle troiane in attesa sulla spiaggia. Carlo Cerciello costruisce tutto ciò con un nitore e una forza che rendono ogni singola parola scolpita, cesellata e capace di squarciare il velo del tempo e arrivare diretta, dirci dell’orrore che percepiamo davanti agli orrori di Gaza, piuttosto che agli scenari della guerra in Ucraina. Non si creda: nulla fa pensare a facili attualizzazioni. Quelle donne di nero vestito sono donne e dolore, sono vittime e regine, sono immagini, simulacri della violenza e crudeltà dell’uomo sull’uomo, così come Elena in controluce, nella sua vacuità è a suo modo vittima, capro espiatorio di un dramma più grande di lei. Si assiste alle Troiane di Cerciello come rapiti, basta un commento sonoro, una voce fuori campo che chiede di mettersi in fila per cui passato e presente s’intrecciano e quanto raccontano le regine diventi cosa che ci tocca nel profondo. In tutto questo Imma Villa è un’Ecuba di straordinaria intensità, ogni parola, ogni gesto è misurato, assoluto, controllato, trattenuto per essere più potente, fatto di sfumature e di suggerimenti. Tutto ciò assume un’intimità potente che condividono Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli e Serena Mazzei in un lavoro che, pur procedendo per monologhi, si connata come un inno corale all’insensatezza di ogni guerra. Si esce con la vertiginosa sensazione che i greci abbiano già detto tutto e che le parole di Euripide e dei tragici abbiano scolpito, una volta per tutte, il cuore dell’essere umano. Nicola Arrigoni