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TOPO (IL) - regia Paolo Magelli

Il topo Il topo Regia Paolo Magelli

di Raffaello Pecchioli
adattamento e regia Paolo Magelli, scene Lorenzo Banci, progetto luci Roberto Innocenti, musiche Andrea Franchi, assistenti alla regia Giulia Barni, Matteo Cecchini
con gli allievi della scuola di formazione per giovani attori Il Mestiere del Teatro: Francesco Argirò, Francesco Bentivegna, Sara Bonci, Matteo Brini, Tommaso Carli, Laura Ceccherini, Valentina Cipriani, Alessandro Conti, Guendalina Degl'Innocenti, Francesco Dendi, Claudia Domenici, Ciro Gallorano, Maria Elena Gattuso, Lorenza Guerrini, Adelaide Mancuso, Giulia Mercati, Antonella Miglioretto, Stefania Spinapolice
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana in collaborazione con Assessorato alla cultura Comune di Prato
Teatro Magnolfi, Prato 15 e 16 Dicembre 2012

www.Sipario.it 17 dicembre 2012
 

Non è semplice parlare della narratività de "Il Topo", opera del poeta toscano Raffaello Pecchioli, adattata da Paolo Magelli. Tutto ruota intorno alla figura del piccolo Carruba, morto ancora bambino, elevato dai protagonisti della scena quasi a idolo, a divinità, a esempio di una felicità distrutta, che pare perduta, devastata da ombre, spazzata via dal Male, Male rappresentato dal "Topo Nero", il temibile animale che si aggira in scena come un assassino, spaventando gli astanti. Soltanto la scoperta della modalità dell'uccisione del bimbo – che il padre ha abbandonato al freddo del bosco – porta a una sorta di finale catartico, in cui finalmente si può ritornare a cantare, a giocare coi giocattoli dell'infanzia, prima oggetto di tristezza, ora di giovialità.
L'ambiente del Teatro Magnolfi viene sfruttato sapientemente dal regista, che fa uso del piccolo teatrino alla destra degli spettatori, allo spazio centrale della sala, al palco rialzato, sfruttando addirittura lo spazio extra-scenico, facendo sovente uso di entrate e uscite degli attori e a cori "fuori-campo".
L'atmosfera è ombrosa e inizialmente troviamo i protagonisti – dodici femminili e sette maschili, che, divisi in gruppi, rappresentano in realtà soltanto tre personaggi, di cui ciascuno ha il suo gruppo corale – sopra il palco del piccolo teatrino, che poi si spostano nello spazio centrale dando vita a dialoghi, a danze, a entrate e uscite repentine, sbattimenti di porte, gestualità frenetiche. Si ritrovano tutti insieme nel finale seduti a una grande tavola, dove avranno vita anche le ultime battute della messa in scena, in cui l'attore Matteo Brini (nel personaggio dello Straniero, il "padre assassino") confessa, prima di morire, la sua colpa al personaggio di Ciro Gallorano, rappresentante simbolico, in qualche modo, della Coscienza – che sarà pulita solo dopo la morte del colpevole. Quest'ultimo è veramente molto bravo nel suo ruolo, dando luogo a una grande interpretazione, per uno Spettacolo dal punto di vista attoriale per nulla facile, facendo del performer un "corpo organico" senza blocchi interiori che recita con la voce alterata artaudiana.
Molto bravi comunque tutti gli attori in scena che, chiamati a recitare uno spettacolo difficile e faticoso (frenetico, movimentato, concitato), ne escono veramente vincitori, come ne esce vincitrice la ricca e fluida regia di Paolo Magelli.

Stefano Duranti Poccetti

Ultima modifica il Domenica, 22 Settembre 2013 20:45

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