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TEMPESTA (LA) - regia Valerio Binasco

La tempesta La tempesta Regia Valerio Binasco

di William Shakespeare
spettacolo della Popular Shakespeare Kompany
con (in ordine alfabetico) Valerio Binasco, Fortunato Cerlino, Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Giampiero Rappa, Sergio Romano, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati
costumi Sandra Cardini, scene Carlo De Marino, musiche originali Arturo Annecchino, luci Fabio Bozzetta, direzione allestimento Ronni Bernardi, regia e traduzione di Valerio Binasco, produzione Oblomov Films/Teatro Metastasio Stabile della Toscana con il contributo di Estate teatrale veronese
Teatro Metastasio, Prato dal 14 al 18 novembre 2012
Comunale di Casalmaggiore, 19 gennaio 2013

www.Sipario.it, 31 gennaio 2013
www.Sipario.it, 20 novembre 2012

La Tempesta di Valerio Binasco – interprete nel ruolo di Prospero, regista e traduttore – è uno di quegli spettacoli che è destinato a farsi pensiero ricorrente nella mente dello spettatore, perché si incide direttamente nell'anima. Questa la sensazione registrata al calare del sipario. Eh sì, sarà infatti difficile dimenticare l'ingresso di Binasco/Prospero, una sorta di sciamano in cui il potere della magia combatte col dolore dell'esilio. E' straordinario l'Ariel di Fabrizio Contri, un Ariel anziano, parkinsoniano, con cappotto e maglia di Superman, servo pigro e allampanato che reclama la sua libertà. Lo spazio di questa Tempesta è uno spazio vuoto, racchiuso in pareti rosso sangue rappreso, è una sorta di landa rossastra come quelle cave che ci sono a pochi chilometri da Avignone e in cui Brook ambientò il suo Mahbhahrata. E a Peter Brook e alla sua Tempesta Valerio Binasco rende omaggio con un ingresso di grande intensità che la richiama. C'è fin dall'inizio una tensione livida in questa favola shakespeariana che si pone in fragile equilibrio fra una comicità tesa e amara e una violenza sotterranea che si esprime nelle intenzioni e nella azioni dei personaggi che hanno perso loro stessi e che si ritroveranno solo quando lo sciamano Prospero al disegno di vendetta farà seguire il perdono. Valerio Binasco è un duca di Milano di grande verità, dimesso e autorevole, determinato e dolente nel suo ruolo di signore esiliato, tradito dal fratello e con la figlia Miranda come sua unica consolazione. Miranda è Deniz Ozdogan una bambina che sogna, sogna l'amore, sogna la libertà del cuore e la troverà nel Ferdinando dalla erre moscia di Roberto Turchetta. Toglie il fiato la scena d'amore fra i due in cui la leggerezza dell'adolescenza si sposa con la poesia dei gesti e delle parole; i due sono i primi destinati a riconoscersi, a ritrovarsi grazie alla forza dell'amore. Per tutti quell'isola è infatti luogo della perdita di sé e dello scatenarsi della pulsione violenta. Lo è per il Calibano di Gianmaria Martini che invita Stefano e Trinculo ad ammazzare Prospero, lo è per Sebastiano che tenta di ammazzare Alonso, re di Napoli, sollecitato da Antonio, fratello di Prospero, interpretato dal cremonese Sergio Romano. In questa Tempesta se Ariel è un anziano un po' allampanato, il Re di Napoli e gli altri cortigiani sembrano appartenere a Cosa nostra, Trinculo e Stefano sono comici lividi. Gli inganni dell'isola, le strane apparizioni orchestrate dall'Ariel trasformano quella compagnia di naufraghi in un gruppo di uomini terrorizzati, disorientati, fino a quando Prospero si svela loro e alla punizione fa seguire il perdono... Valerio Binasco e i suoi attori della Popular Shakespeare Kompany: Fortunato Cerlino, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Fulvio Pepe, Giampiero Rappa, Ivan Zerbinati sono un corpo unico, sono un meccanismo di pura poesia che alla fine commuove, commuove Binasco, Prospero occhialuto che nel tirare le fila della storia regala una prova interpretativa sublime, straziante come straziante è il vento che si alza e che Ariel incoraggia con uno scuotere di borsina.... Pura poesia, puro teatro...

Nicola Arrigoni

Una tragedia ricca di ironia e piena di vita

Tutto nasce da una tempesta che ha portato alla dispersione un gruppo di uomini, nobili nell'aspetto e nelle origini, spietati di carattere. Per un caso del destino, vengono travolti dal mare in un'isola, in cui molto prima era stato "salvato" il duca spodestato di Milano, colui che avevano tradito. È proprio Prospero ad accoglierli in quello che definisce il suo regno, abitato solo da lui, sua figlia, il fidato servo Ariel e il mostro Calibano. Quelle stesse terre diventano per i suoi vecchi amici una condanna senza speranza. Banchetti pieni di cibo, dolci musiche misteriose sono solo finte illusioni per loro. Un'illusione che, come un gioco, rapisce anche due compagni scomparsi: Stefano e Trinculo girovagano soli e senza meta tra i "labirinti" dell'isola (raffigurata da semplici pannelli verticali rossi), finché non si imbattono l'uno contro l'altro e fanno conoscenza di Calibano. Vedendo nel vino l'unica forma di salvezza, si ubriacano e, dopo aver meschinamente abbandonato l'idea di uccidere Prospero, si vestono di stracci scintillanti e fingono di essere i sovrani dell'isola. Nel frattempo, un'altra storia sta nascendo tra Ferdinando, figlio del re di Napoli, e Miranda, figlia di Prospero. Sarà grazie a loro, gli unici privi di colpe, che la tragedia si trasformerà in riconciliazione. E finalmente la corona, simboleggiata da occhiali indossati via via dai diversi personaggi, tornerà al suo posto.

La Tempesta di Valerio Binasco emoziona il suo pubblico per quasi tre ore, ma niente di più piacevole può esserci in questo rapimento dei sensi. Accanto al dramma, è confortevole percepire la forte ironia del campano Stefano (Antonio Zavatteri), del pugliese Trinculo (Nicola Pannelli) e del siciliano Gonzalo (Simone Luglio), l'unico che con affetto disinteressato cerca di dare conforto al re napoletano convinto di aver perduto il figlio (non troppo azzeccata la scelta di far parlare quest'ultimo con una forte erre moscia). Intenso il rapporto tra Prospero, interpretato con naturalezza dal regista, e la figlia, una fanciulla affettuosa e senza malizia. Sembra un personaggio perfetto per la turca Deniz Ozdogan, il cui accento straniero può spiazzare, ma non dà fastidio. Fonte della sua forza è la freschezza, il suo muoversi nel palco con disinvoltura e leggerezza. Un corpo sicuramente diverso da quello dello spirito Ariel, che, leggendo il capolavoro shakespeariano, ci saremmo aspettati vivace e scattante; invece è "un vecchio clown un po' autistico", come si definisce lo stesso attore Fabrizio Contri. E Calibano (Gianmaria Martini) non è un essere grosso e minaccioso, ma piuttosto un mostriciattolo strisciante, volgare e dalla voce stridula, ma che alla fine della vicenda non può non fare tenerezza. Un grande lavoro sugli attori ha compiuto Binasco, che con piccole, ma geniali intuizioni – sicuramente scaturite anche da improvvisazioni – ha trasformato un classico del teatro in uno spettacolo perennemente vivo.

Sara Bonci

Ultima modifica il Domenica, 22 Settembre 2013 20:44

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