di Roberta Skerl
con Ivana Monti
scene Laura Benzi
luci Marco Laudando
assistenti alla regia Maria Federica Bianchi e Beatrice Cazzaro
regia Giampiero Rappa
produzione Teatro Franco Parenti
Vicenza, Sala del Ridotto, 14 marzo 2025
La cucina è una di quelle economiche, intorno c’è un piccolo televisore che andava di moda un tempo, qualche busta della spesa, vestiti anzi, più che altro grembiuli che lei passa in rassegna, dividendoli. Siamo a casa di Adriana, a Lorenteggio, Milano, e un certo disordine c’è, sebbene sia più la dignità quella che vien fuori. Adriana è la tipica sciura di un tempo, o meglio, anche di questo tempo ma è una donna che ha tanto vissuto e che ne ha viste e sentite. Nel bellissimo testo scritto da Roberta Skerl dove ci sono cuore, anima, ricordi indelebili e tantissime altre cose si intuisce una forte malinconia dalla quale la donna si difende senza autocommiserazione, con una grinta ancora forte, un piglio energico che va in contrattacco se serve. E’ una Milano di un tempo, appunto, quella che non esiste più se non in qualche meandro metropolitano, in qualche sparuto angolo dove qualche donnina, nel senso splendido del termine, forse la si scova ancora. E’ l’antitesi della Milano da bere, delle feste negli attici, della super moda della settimana. Quella famosa, degli hotel a tante stelle frequentate dalla gente giusta. Adriana si muove in un contesto completamente diverso, narrando e raccontando a terzi immaginari e anche a se stessa, certo, quella che è stata la sua vita. Una vita da brividi, se ci si pensa un po’, se si ascolta quello che ha passato. Che poi è un concentrato di vita cosiddetta normale, che però solo normale non può e non deve essere, chissà perché. Riemergono vecchi, affettuosi ricordi…la burseta de la mama, un mangiadischi di color sgargiante, un vicino da ammonire per la musica alta. Il tutto in un contesto di prossimo abbandono di quell’appartamento, che l’A.L.E.R cittadina le ha intimato, causa una ristrutturazione, un rifacimento di quegli stabili che un giorno riospiteranno lei e gli altri, e chissà se avverrà, vista l’età avanzata. Nella semplicità di una vita, presa singolarmente, e in quella di uno spettacolo che sa affascinare profondamente, Ivana Monti, bravissima, è Adriana e la sua protagonista sa che anche gli ultimi anni saranno difficili, soprattutto se caricati su quelle spalle che già stanno sopportando troppo come anche una tragedia personale, tra le altre cose. E’ una lucidissima e attenta analisi di una donna normale, in una situazione normale, ed è qui che sta il bello. Se una critica va fatta, potrebbe essere solo il fatto che la Monti ripete in lingua italiana molto dei numerosi sproloqui fatti in dialetto milanese, per fare capire meglio il senso. Ma non c’è bisogno di ciò, è tutto chiaro e sublime. Fatti i complimenti all’autrice, per un testo straordinariamente dolorosamente vivo, dove la protagonista è attraverso la propria forza che sopravvive, gli altri vanno fatti a Ivana Monti, naturalmente, per un’interpretazione su cui ha lavorato molto, in un vissuto personale, quel contesto che ben conosce e che ritorna, quella Milano sparita su cui riflettere. Che, nel bene e nel male, non ha nulla da spartire con quella dei nostri giorni. E ancora complimenti al regista Giampiero Rappa, che non cerca per lo spettacolo nulla di eclatante, anzi, dà alla Monti e alla sua eccezionale bravura un’altra giusta occasione per dimostrarla. Non sorprende dunque l’enorme successo ottenuto a Vicenza per Una vita che sto qui, i numerosi, duraturi applausi tutti meritati che collocano lo spettacolo sicuramente sul podio dei più belli mai visti qui, un risultato eccellente. La differenza certo la fa una grande attrice e, finalmente, un testo scritto da un contemporaneo di grandissima fattura, di eccelsa scrittura. E puoi girare tutto il mondo, citando Nino Manfredi. Francesco Bettin