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VIZIO DI FAMIGLIA - regia Saro Minardi

Pietro Montandon e Concita Vasquez in "Vizio di famiglia", regia Saro Minardi Pietro Montandon e Concita Vasquez in "Vizio di famiglia", regia Saro Minardi

di Edoardo Erba
regia Saro Minardi
scene di Salvo Manciagli

costumi di Riccardo Cappello

luci di Salvo Orlando

con Pietro Montandon, Concita Vasquez
Filippo Brazzaventre, Elisabetta Alma, Eleonora Sicurella
produzione Teatro Stabile di Catania 
al Verga di Catania dal 3 al 12 febbraio 2017

www.Sipario.it, 12 febbraio 2017

Ma dove è andato a finire l'Edoardo Erba di Maratona di New York (1992) o quello di Senza Hitler (2001) ? Quel drammaturgo che Franco Quadri diceva che "giocava con la storia per parlare di noi e metterci impietosamente in ridicolo"? Beffarsi di noi, appunto, come ha fatto con Vizio di famiglia una pièce rappresentata una prima volta nel 1993, ri-proposta adesso dal Verga di Catania che la produce con la farraginosa regia di Saro Minardi. Che parte bene all'inizio con quella donna ancora affascinante che si chiama Annalisa, vestita da una Concita Vasquez desiderosa d'avere una famiglia, somigliante ad un'Alice nel paese delle meraviglie allorquando si fa attrarre da un querulo imbonitore di piazza (Filippo Brazzavente) con tanto di cartello su cui sta scritto Family tour e che le vende un succulento pacchetto all inclusive con una famiglia già pronta all'uso, con tanto di marito, figli, suocera e babysitter tuttofare. Sembra una proposta surreale, quasi indecente, ma nella nostra società consumistica può, potrebbe accadere anche questo. Sia come sia la poverina si rende conto dopo un po' che non è questa la famiglia dei suoi desideri. Il marito (Pietro Montandon) infatti è distratto, superficiale, senza un lavoro ben preciso pur avendo prodotto brioches per due anni, è infedele fuori e pronto a consumare veloci amplessi dentro casa con quella formosa babysitter (Eleonora Sicurella) che non disdegna mai, i due figli neri, avuti da una precedente donna bianca che lui ha provato a strangolare subendo per tentato omicidio una condanna di due anni, non si vedono mai e la suocera, qui chiamata nonna (Elisabetta Alma) si sente ancora nel fiore degli anni, sempre su di giri come una pin-up anfetaminica. Annalisa non vive bene, si sente beffata da quel piccolo mefistofele di piazza e vorrebbe rompere il contratto che inconsapevolmente ha firmato per un periodo di 10 anni. Nel secondo tempo la scena di Salvo Manciagli dai bianchi arredi e fondale spesso nero è la stessa e cambia invece l'atteggiamento di Annalisa che pare si sia integrata in quella famiglia di degenerati. Adesso la nonna è su una sedia a rotelle, i due coniugi pare vadano d'accordo forse perché confessano d'avere entrambi un amante, la babysitter è sempre dona ferentes, i due figli di colore, mai in scena, sono diventati grandicelli e frequentano corsi di Economia in una Università straniera. Il tempo passa, i dieci anni sono scaduti e Annalisa non potendo più rinnovare il contratto, dovrà cercarsi un'altra famiglia. Fine. Certamente questo di Erba è un lavoro dai toni surreali, grotteschi, pure ironici, aspirerebbe d'avere degli accenti comici che tardano ad arrivare e nel futuro sarebbe opportuno, forse, ricavarne un solo tempo per non tediare più di tanto gli spettatori.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 13 Febbraio 2017 00:47

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