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VÊPRES DE LA VIERGE BIENHEUREUSE - regia Jean-Yves Ruf

"VÊPRES DE LA VIERGE BIENHEUREUSE", regia Jean-Yves Ruf "VÊPRES DE LA VIERGE BIENHEUREUSE", regia Jean-Yves Ruf

Di : Antonio Tarantino
regia: Jean-Yves Ruf
con: Paul Minthe
Scenografia : Laure Pichat
Creazione sonora : Jean-Damien Ratel
Luci : Christian Dubet
Parigi, Théâtre du Rond Point dal 12 al 30 ottobre 2022

www.Sipario.it, 8 novembre 2022

Una scena minimale, un non luogo, bianco al cui centro si trova una banchina fatta su sui sedersi e attendere. In questo tempo sospeso arriva un uomo con un’andatura incerta, quasi marionettistica, porta con se un’urna. Si siede e inizia a parlare.
Il luogo è un passaggio, tra Milano e Torino,e l’uomo è un padre il cui figlio, morto suicida nelle acque del fiume Lambro, è ormai ridotto in cenere.
Il padre si confida, si confessa, si rimprovera e lo rimprovera. Il suo discorso, tra il burlesco e il tragico, a volte intimo, a tratti sfogo di rabbia, è attraversato dalle voci della madre, dei vicini, dei compagni di bar.
Suo figlio era un transessuale. Suo figlio si prostituiva. Assistiamo allo stream of consciousness di un anziano che cerca di costruire un dialogo mai avvenuto con la carne della sua carne, che troppa distanza aveva preso dai suoi ideali, dalle sue aspettative. Dà voce a suo figlio, lo interroga e cerca disperatamente risposte che non potrà mai avere.
Poi immagina il viaggio che potrebbe fare, ora che il suo corpo è solo polvere e si abbandona ad un susseguirsi di visioni in cui tenta per l’ultima volta di essere padre: consiglia a suo figlio di tenersi vestito e tacchi a spillo per attraversare lo Stige e trovare coloro che accolgono i morti. Poesia dal linguaggio stridente, le parole uniscono umorismo e orrore. Il testo è potente, entra nell’anima e commuove: spinge al confronto profondo, alla perdita di pregiudizi, alla presa di coscienza di una sofferenza che spinge alla morte, il senso di non appartenenza e l’impotenza di un genitore che sente di non poter più rimediare alle mancanze, alle assenze e alle incomprensioni. Spinge al presente e risveglia in chi guarda il desiderio di aprirsi, completamente, intimamente verso chi ci ha generato prima di essere chiusi per sempre in un’urna o di avere tra le braccia i resti di chi ci ha dato la vita .
Questo adattamento francese vira verso il distacco, l’attore che interpreta il padre intona il dialogo con il figlio come se fosse un discorso già fatto magari altre volte nella sua testa ma che la morte ha dato il permesso di rendere vivo, udibile a tutti. La potenza del tema e delle parole di Tarantino riescono ad arrivare sempre e comunque a prescindere dalla lingua e dalla scelta registica.

D.G.

Ultima modifica il Martedì, 08 Novembre 2022 22:38

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