di Roberto Serpi
interpretato e diretto da Sergio Romano, Roberto Serpi, Ivan Zerbinati
luci di Luca Bronzo, costumi di Elisabetta Zinelli
produzione Fondazione Teatro Due
a Parma, teatro Due, 17 gennaio 2025
Sono tre persone poco raccomandabili, disposte a tutto, messe con le spalle al muro dalla mancanza di lavoro, sono i ‘Vautours (Avvoltoi)’ di Roberto Serpi, spettacolo diretto e interpretato dallo stesso autore insieme a Ivan Zerbinati e a Sergio Romano. In una sorta di sotterraneo vivono e si confrontano tre uomini, entrambi licenziati dalla ditta. Uno di loro è stato cacciato perché ha aggredito il direttore, spezzandogli le gambe, mosso da una violenza cieca, destinata a ripetersi, uno sfogo d’ira che non ha apparentemente spiegazione. La ricerca di un lavoro diventa un’ossessione, così come quello che accade nella ditta al piano di sopra. Un incidente apre uno spiraglio per uno dei tre, il trio si spezza, fanno capolino l’invidia e un senso di impotenza che fa montare la rabbia. Tutti contro tutti per quel maledetto posto di lavoro. Il meccanismo finisce col stritolare i tre uomini in un crescendo di crudeltà, fino alla rivelazione finale, all’indicibile, alla vergogna di non sapere e non capire. È doveroso lasciare un poco di suspense come in tutti i nuovi testi che si rispettino. Ma ciò che rende interessante l’operazione è la genesi dell’allestimento, suggerita dai tre attori alla lettura in camerino della pièce, dopo che il testo l’anno scorso è stato offerto come lettura scenica nell’ambito di Mezz’Ora d’autore, sempre al Teatro Due. Sergio Romano e Ivan Zerbinati insieme all’autore si sono divertiti a leggere la pièce nella pause di Salveremo il mondo prima dell’alba di Carrozzeria Orfeo e hanno chiesto alla direttrice dello stabile di Parma, Paola Donati di produrlo. Detto, fatto. Così Vautours (Avvoltoi) si configura come una piccola produzione che vuole essere un segno concreto del sostegno alla nuova drammaturgia di cui tanto si parla e per la quale poco si fa. Ecco ‘Vautours (Avvoltoi)’ di Serpi e la sua messinscena sono frutto di una passione d’attore e della voglia dello stabile parmense di dare concretezza teatrale alla scrittura scenica contemporanea. Questo retroscena, si crede, renda interessante e leggibile lo spettacolo e dimostri come l consapevolezza della necessità di dar spazio a nuovi autori, il sapere leggere e valorizzare i testi che ci si trova per le mani e, infine, l’agire scenico siano tasselli di un processo che dà senso e spessore al ruolo degli enti di produzione stabile. A questo va il plauso di una politica produttiva in ascolto delle urgenze degli artisti. In tempi come questo si tratta di un’azione che merita il giusto rilievo e apprezzamento. Nicola Arrigoni