di Anton Cechov
traduzione e riduzione: Fausto Malcovati
con Paola Bacchetti, Gaetano Callegaro, Corinne Castelli, Elisabetta Ferrari, Andrea Pierdicca, Andrea Trapani
scene e costumi: Bruno Buonincontri
disegno luci: Fulvio Melli, musiche originali: Enrico De Lotto
regia: Giovanni Scacchetti
Milano, Teatro Litta, dal 16 marzo al 11 aprile 2010
Nella sua regia di «Zio Vanja» di Cechov il giovane Giovanni Scacchetti, per sfuggire alla facile tentazione di uno spleen mortale fatto di noia, ha scelto un antinaturalismo sostenuto da una recitazione monocorde e vagamente urlata, quasi straniata. Il risultato è quello di perdere la verità incontrovertibile dei personaggi, esseri vivi, che si avviluppano nelle spire delle loro povere vite sconfitte e lo fanno con semplicità: vivendo. Non imbelli ma vinti dalla vita in un quotidiano di campagna sconvolto dall' aria della città che, come un temporale estivo, porterà poi via le nubi dei desideri dall' anima di ognuno e inchioderà tutti al proprio quotidiano di lavoro: la grande sordina che dà l' impressione d' esistere. Cullati dalle abitudini, soli, guardano a un domani che sanno essere come ieri. Astrov ha l' intelligenza di un uomo libero e leale con se stesso fino alla rinunzia, Vanja non è un rottame nevrotico e impotente ma un uomo anch' egli dall' intelligenza fine e la sua dedizione, mal riposta, è un impulso verso la bellezza. Nella incapacità d'amare di tutti si indovina una grande vitalità repressa, così in Elena, che non è una malmaritata vagamente ansiosa, così in Sonja, che non è una zitella incolore, che nel finale non ha nulla da sperare sorridendo. Modesta la prova di tutti gli attori in uno spettacolo non riuscito.
Magda Poli