venerdì, 08 novembre, 2024
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Opera di Pechino - BEIJING di Mario Mattia Giorgetti

Opera di Pechino Opera di Pechino

Cari Lettori,
dopo New York, San Francisco, San Jose, Stoccolma, Bucarest, eccoci a Pechino, ribattezzato Beijing, capitale della Cina, per far conoscere dove il teatro lo vivi e racconti, venendoci. Sì, conoscere, raccontare, commentare, offrire è il nostro compito. E l'impegno non è solo quello di registrare, ma anche quello di proporre eventi, affinché la creatività dell'uomo possa sollecitare altri per un'arte allargata e condivisa.
Un viaggio nelle capitali del mondo per incontrare protagonisti dello spettacolo e intervistarli, per una reciproca conoscenza. Per questo ti chiediamo di stare vicino a Sipario.
Prossimamente: India, Giappone, Africa, Australia, Indonesia, Americhe, e altri ancora, perché, aprendo Sipario sul mondo, affermiamo, con Williams Shakespeare, che "Il mondo è tutto uno spettacolo" da vivere perché ti appartiene, per essere anche tu un protagonista. Apri gli occhi sul mondo con Sipario.


Opera di Pechino,
mito che sopravvive

Come potevamo mancare all'appuntamento con l'Opera di Pechino, spettacolo mitico che ogni turista di passaggio da Beijing ha l'obbligo morale di assistervi, a costo anche di passare una serata di noia mortale?
Per noi occidentali che non sappiamo decodificare le maschere, i trucchi sul volto, i gesti, il movimento delle dita, la sottilissima voce stridula delle attrici, i segni che rappresentano oggetti, come strani pennelloni con peli lunghi, spade, bastoni inghirlandati, veli lunghissimi, costumi pesanti bardati di brillanti, ori, ciarpame vario, rimane solo la curiosità di un rito da conoscere.
In sostanza, quello che ci ha mostrato l'Opera di Pechino non è altro che una successione di quadri, autonomi tra loro, dove in uno si recita un duetto cantato tra marito e moglie con la sua storia, poi viene quella che racconta una altra storia, anche lei cantando, poi ne viene un'altra che racconta altra storia, ricantando e giocando con una sciarpa leggerissima e lunghissima, con la quale, agitandola con le due mani, forma dinamiche immagini vorticose, molto belle da vedersi; poi arriva il guerriero acrobatico che fa con un altro guerriero una sorta di danza delle spade; e alla fine il numero clou vede tutti gli interpreti in un gioco circense dove molti bastoni volano da un interprete all'altro in una girandola di soluzioni da mozza fiato; e lì, scattano gli applausi.
Tutte le sequenze hanno un unica scena: un fondale pietroso che riproduce in primo piano sculture di maschere antiche, un pavimento tutto verde, quinte nere, luce fissa per tutto il tempo.
Ogni scena è accompagnata da un complesso di otto suonatori, posizionati in quinta, ma visibili, che con i loro tipici strumenti sottolineano in una sincronica intesa tutte le azioni.
La platea è divisa in due luoghi deputati: davanti palcoscenico sta il pubblico dei turisti stranieri, seduti ai tavoli imbanditi di dolcini e teiere e tazzine per un buon sorso di the. Sul fondo della platea i cinesi. Sempre numerosi. E poi, l'uscita del pubblico, come l'entrata, avviene attraversando una sala in cui si vende il chic del chic del mondo tradizionale del teatro cinese. E i turisti comprano.

Ultima modifica il Lunedì, 22 Settembre 2014 11:52

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