Nato nel 1957, dopo una breve e sfortunata esperienza come calciatore (si fa male ad un ginocchio) nelle giovanili dell'Inter, s'iscrive alla scuola del Piccolo di Milano e debutta con "Timone d'Atene" di Shakespeare. In seguito, lavora con attori quali Romolo Valli, Giorgio De Lullo e Mario Scaccia, ottenendo un successo personale ne "I parenti terribili" di Cocteau, diretto da Franco Enriquez. In cinema esordisce nel '79, interpretando "Masoch" di Franco Brogi Taviani: due anni dopo si fa notare, a fianco di Isabelle Huppert, ne "La vera storia della signora senza camelie" di Mauro Bolognini. Successivamente, dimostra il proprio eclettismo nei più disparati ruoli, dal prete tormentato di "Morte in Vaticano" (1982) di Marcello Aliprandi al giovane uomo egoista di "Regina" (1987) di Salvatore Piscicelli.
La sua carriera conosce una svolta a fine decennio: è in questo periodo, infatti, che si colloca l'incontro coi due cineasti a lui più congeniali, Gabriele Salvatores e Silvio Soldini. Per primo, recita in "Marrakech Express" (1989), bel ritratto corale d'una generazione, e in "Turné" (1990), road-movie d'ambientazione teatrale; per il secondo, è uno dei personaggi coinvolti nella ronde de "L'aria serena dell'Ovest" (1990) ed una guardia che fugge con una rom in "Un'anima divisa in due" (1993, coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Venezia).
Volto fra i più tipici ed intensi della sua generazione, duttile per vocazione, dà vita negli anni '90 ad una serie di ritratti che ne confermano il notevole talento: nel 1991 è al centro dell'opera prima di Alessandro D'Alatri "Americano rosso", l'anno dopo appare nel giallo di Cristina Comencini "La fine è nota" (1993), nel '94 è tra i protagonisti del tagliente "Come due coccodrilli" di Giacomo Campiotti ed è pure l'avvocato Ambrosoli in "Un eroe borghese" (1995) di Michele Placido, nel '96 è straordinario nei panni del sacerdote pedofilo di "Pianese Nunzio 14 anni a maggio" di Antonio Capuano e convincente in quelli dello psichiatra de "La balia" (1999) di Marco Bellocchio.
Tra la sue prove più recenti, da ricordare quelle maiuscole fornite ne "L'amore ritorna" (2004) e "La terra" (2005), in entrambi i casi diretto da Sergio Rubini.