OBLIVION SHOW 2.0 Non semplicemente la versione “aggiornata” del precedente fortunatissimo show, ma una vera e propria evoluzione dello stile Oblivion, che riesce a mescolare Lady Gaga con Johann Sebastian Bach e Tiziano Ferro con William Shakespeare. Con la consueta eleganza e irriverenza, i cinque madrigalisti post moderni raccontano storie epiche o semplici avvenimenti quotidiani giocando continuamente con la musica. Il più delle volte massacrano canzoni e testi famosi per ricomporli in modi surreali, altre volte si cimentano con virtuosistici esercizi di stile e canzoni originali. Come in ogni sussidiario che si rispetti, in questo nuovo spettacolo troviamo tutte le materie: dal solfeggio alla storia, fino alla grande letteratura italiana dove Dante e Pinocchio cantano le loro avventure in soli sei minuti. |
OPERETTE MORALI Nelle Operette morali troviamo l’anima più profonda di Giacomo Leopardi: il rapporto dell’uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura; il raffronto tra i valori del passato e la situazione statica e decaduta del presente; la potenza delle illusioni e della gloria. Le Operette rappresentano una perfetta orchestrazione di toni sulla vita e sulla morte: nella visione leopardiana, l’uomo si muove all’interno di una natura cieca, dalla quale non può ottenere nulla. «L’idea di Mario Martone - scrive Ippolita di Majo, drammaturg dello spettacolo - di mettere in scena le Operette morali di Giacomo Leopardi, un testo fuori dal canone della letteratura teatrale, nasce dal serrato confronto con la cultura e con la storia d’Italia del XIX secolo che lo ha impegnato negli ultimi anni di lavoro in campo cinematografico. A monte sta l’urgenza, artistica e civile, di riandare alle origini della scrittura teatrale nazionale per interrogarsi sui suoi potenziali e i suoi limiti: da Alfieri a Manzoni, appunto a Leopardi. Il progetto è quello di affrontare il testo nel suo insieme, operando dei tagli all’interno, ma preservandone la struttura complessiva». |
IL SACRO DELLA PRIMAVERA Una meravigliosa metafora del nostro tempo. Una meravigliosa metafora di questa generazione che attende obbligata allo stallo, osservata, spiata, pesata, vergine perché impossibilitata a fare da sola. Lasciamo definitivamente i padri come si lascia l’inverno, e smettiamo di essere figli. Che il rito propiziatorio avvenga con il nostro sudore che ha nutrito la pazienza, ora vogliamo bonificare la terra sulla quale camminiamo e costruiamo. È il nostro tempo e ce lo riprendiamo, gli antenati saranno d’accordo con noi senza bisogno di tanti discorsi, non c’è più tempo per le spiegazioni. Questa non è una generazione di passaggio, nessuna generazione è di passaggio. |
NATALE IN CASA CUPIELLO E' con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi avventuro alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo. È da molto tempo che coltivo il desiderio di accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e il suo linguaggio. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando leggo Natale in casa Cupiello, ho la sensazione di trovarmi davanti ad un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. |
JOURNAL D'UN CORPS Lettura-teatrale di e con Daniel Pennac dal suo romanzo Journal d’un corps, edito da Gallimard e pubblicato da Feltrinelli in Italia con il titolo Storia di un corpo: dai dodici agli ottantasette anni, un uomo tiene il diario del suo corpo. O, più esattamente, il diario delle sorprese che il suo corpo, nell’arco di una vita intera, fa alla sua mente. È a prima vista il più intimo dei diari intimi, ma non appena ci addentriamo, scopriamo che questo giardino così segreto è il più comune dei nostri territori. La lettura ad alta voce sgorga allora naturale, come passaggio dal singolare al plurale, dal corpo unico del lettore al corpo comune del pubblico. |