È ora di vedere nel teatro un'opportunità' di espansione economica per il Paese come parte del tesoro artistico dell'Italia alla pari di monumenti e musei.
Ecco cosa sta succedendo in Gran Bretagna.
Mentre quest'estate ogni località in Italia si dava da fare invitando una miriade di compagnie dello spettacolo piccole e meno piccole ad 'animare' le serate, con l'intento di attirare e mantenere sul territorio turisti ed italiani così che contribuiscano all'economia locale, in Gran Bretagna il Dipartimento di Cultura, Media e Sport pubblicava il 28 giugno sul sito ufficiale del governo le statistiche ufficiali dell' "economia creativa".
Questa comprende le seguenti "industrie creative": 1) Pubblicità e diffusione, 2) Architettura, 3) Arti manuali, 4) Disegno e Moda, 5) Film, TV, video, radio e fotografia, 6) IT, software e servizi informatici 7) Editoria, 8) Musei, gallerie e biblioteche, 9) Musica, spettacoli e arti visive.
Nel complesso il numero di posti di lavoro nelle Creative Industries è aumentato del 3,2 per cento tra il 2014 e il 2015 per un totale di un milione e novecentomila posti. Un incremento del 19,5 per cento dal 2011. Se si paragonano queste cifre col 2 per cento di aumento del numero totale dei posti di lavoro in UK tra il 2014 e 2015, ed al 6,3 per cento dal 2011, si vede l'importanza di questo settore. In particolare il settore Musica, spettacoli ed arti visive ha registrato un aumento del 34,2 per cento dal 2011.
Nel 2014 i ricavati dall'esportazione di servizi dalle Creative Industries hanno contato per il 9 per cento dell'esportazione totale del Regno Unito. Se di questi il 44,6 per cento riguarda il settore "IT, software e servizi informatici", il 23.8 per cento, la seconda maggiore percentuale in UK, riguarda l'esportazione di "Film, TV, video, radio e fotografia", con l'Europa in prima fila e gli USA in seconda come recipienti di questi servizi.
Nel gennaio 2015 è nato un nuovo organismo, la Creative Industries Federation che riunisce membri delle Arti, industrie creative e educazione culturale: un'associazione indipendente aperta a tutti in UK, che vuole collaborare col Governo nel promuovere il settore creativo. La Federazione evidenzia che le Industrie Creative nel loro complesso contano per 87,4 miliardi di sterline del Gross Value Added [Valore Aggiunto] nel Regno Unito e che forniscono uno su undici posti di lavoro. E' il settore con la più rapida crescita economica dalla crisi del 2008, ma la Federazione questo ottobre ha pubblicato due studi/comunicati che evidenziano le preoccupazioni del settore. Il primo del 10 ottobre 2016, invoca un ripensamento radicale del sistema educativo e formativo ed il secondo considera le conseguenze della Brexit in questo campo. Nell'ambito dei programmi scolastici e di formazione si lamenta l'esclusione delle Arti creative dal numero di materie necessarie per ricevere il nuovo EBacc [English baccalaureat che rimpiazzerà per il 90 per cento il vecchio sistema di esami, che includeva le Arti], adducendo che " le politiche correnti minacciano la posizione del Regno Unito come potere globale creativo perchè non produce abbastanza giovani con la necessaria mescolanza di abilità creative e tecniche". Lo stesso dicasi per il nuovo pacco di apprendistati "che rischia di indebolire la corrente formazione, senza prendere provvedimenti per l'attuale scarsità di talenti", specie nell'animazione ed effetti speciali. Questa mancanza di personale specializzato sarà esacerbato dalla Brexit, dato che il Regno Unito perde l'accesso immediato agli specialisti che hanno finora tappato alcuni vuoti. " il 6,1 per cento della forza lavoro nelle creative industries è dato da europei. John Kampfner, amministratore delegato della Federazione sintetizza: "Non riuscire a produrre abbastanza giovani con le capacità tecniche e creative necessarie per una delle più interessanti carriere nel settore più trainante dell'economia, è pura pazzia economica."
Il secondo studio, è un rapporto post Brexit, basato su circa 500 contributori in 11 incontri, su questioni scottanti e raccomandazioni, presentato in ottobre a Karen Bradley, Segretaria di Stato per Cultura, Media e Sport. Pur asserendo di voler identificare le opportunità, così come i rischi aperti dall'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, in effetti elenca i secondi che si rivelano ben più numerosi dei primi. Invoca un ripensamento del programma educativo e formativo, come già visto, un sistema di visa che permetta l'accesso a talenti in tutto il mondo, che riconosca l'importanza del libero professionista e che il valore non sempre è in relazione ad alti salari. I rischi riguardano i finanziamenti e gli investimenti e la struttura di regolamenti che sostiene l'economia creativa. In particolare si teme per tutti quei settori, specialmente nelle Regioni, che ricevono sussidi europei e si chiede al Governo quale sostegno pubblico adotterà, insieme agli sgravi fiscali, per rimpiazzarli. Altre questioni riguardano i diritti d'autore, non così ben protetti, specie nei nuovi mercati. Si chiede che il Governo sia pro-attivo nei negoziati per il Mercato Digitale Singolo e ci si preoccupa per l'incertezza nel mondo degli affari e per la caduta della sterlina con ripercussioni nella programmazione e nei compensi per gli artisti.
Questa la situazione. Ora, come sempre, il dibattito in seno alle Arti è su quanto il governo è disposto a dare/ può dare come sussidio statale a questo settore. I sussidi vengono elargiti dagli Arts Councils (of England, of Northern Ireland, of Wales [Galles], of Scotland), che negli ultimi anni li hanno diminuiti. Sempre più il mondo delle Arti, insieme a tutti i settori pubblici dell'economia è stato incoraggiato a trovare finanziamenti privati ed altri modi creativi per incrementare i suoi introiti. Nei teatri, negli ultimi dieci anni sono spuntati caffè, ristoranti, librerie, rivendite di oggettistica, mostre minori affiancate alla principale. Infatti in genere non si trova più un teatro, opera, galleria, eccetera, che non abbia questi attributi. Ma esattamente in che modo sono elargiti i sussidi ed a chi?
Prendiamo in considerazione l'Art Council of England ed il suo National portfolio per capire il programma di investimenti per il periodo 1 aprile 2015 - 31 marzo 2018. Nel luglio 2015, i fondi del Governo all' Art Council hanno subito un taglio del cinque per cento. Il programma da annuale com'era in precedenza, è ora triennale, anche se i fondi vengono elargiti su base annuale. L'ammontare di quest'anno è precisato, ma i livelli di sussidio per gli anni successivi non è confermato.
I fondi per tre anni di un miliardo di sterline circa, oltre che direttamente dal Governo, provengono per 69,5 milioni di sterline dalla Lotteria Nazionale, altri dagli interessi dei fondi della Lotteria e da altri aiuti. Domande per sussidi possono essere fatti da organizzazioni singole, o in consorzio. Quelle per investimenti in fondo capitale sono a parte ma elargite dallo stesso ente. Inoltre l'Art Council promette di eguagliare gli investimenti delle Local Enterprise Partnership (LEP), [investimenti locali], fatti in collaborazione col European Structural and Investment Fund, riconoscendo il ruolo delle Arti e del settore Cultura nello stimolare la crescita economica. Il National portfolio elargisce anche fondi per organizzazioni che danno opportunità qualificate ed aiuto per giovani musicisti e per enti 'Bridge' [Ponte] cioè, oltre le scuole, quelle che offrono un ambiente in cui l'educazione culturale dei bambini e dei giovani possa fiorire. Fondi per Major Partner Museums [grandi musei] e festival culturali sono anche parte del loro bilancio.
Il National portfolio per il 2015-18 comprende 663 organizzazioni artistiche, di cui 46 nuove e 60 estromesse, con 21 Major Partner Musei, aumentati da 16 a 21. La distribuzione dei fondi che nel periodo 2008-2012 aveva privilegiato Londra di due punti di percentuale, è stata corretta per il 2015-18 a 45% per Londra e 55% fuori Londra. Per i Grandi Musei si è visto lo stesso processo, che per il periodo 2015-18 prevede il 9% dei fondi a Londra ed il 91% ai musei fuori Londra. Nel complesso i contributi del National portfolio sono andati da £ 1.020.943.573 nel triennio 2012-2015 a £ 978.329.160 per il 2015-2018, con una diminuzione di 4,17 punti di percentuale.
Ma quali sono i criteri che impostano l'elargizione di fondi?
Chiunque voglia far parte del portfolio di organizzazioni di Arti e Cultura deve fare domanda. La decisione viene presa in due fasi. Nella prima viene valutata la domanda di per sé, nella seconda come questa si inserirebbe in un equilibrato portfolio nazionale in modo da avere la giusta diffusione degli investimenti. Nella prima fase, in particolare si guarda all'eccellenza, a come si propone di accrescere il numero di partecipanti in Arte e cultura, alle opportunità aperte per individui e giovani. Inoltre a come il richiedente saprebbe gestire il rischio, il suo programma di lavoro e a come garantirebbe la propria sostenibilità finanziaria. Nella seconda fase si prende in considerazione il contributo che il richiedente darà alla strategia di Great art and culture for everyone [Ottima arte e cultura per tutti], tenendo conto della diffusione delle organizzazioni in England, della gamma di forme e mescolanza di pratiche artistiche, della diversità dei produttori, dei creatori e del loro publico, della dimensione e tipo di organizzazione. Verrà considerato il rischio dell' investimento da parte dell' Art Council, la resilienza dell'organizzazione richiedente e per finire la capacità di chi la dirige.
Altri contributi sono stanziati da Grants for the Arts, Strategic Funds e Strategic Touring.
L'allocazione per Grants for the Arts [Contributi per le Arti] è aumentata da 63 milioni di sterline per anno nel periodo 2012-2015 a 70 milioni di sterline per anno per il 2015-2018, mentre quella per gli Strategic Funds [fondi strategici] sono diminuiti da 153 milioni di sterline per anno per il 2014-2015 a 104 milioni di sterline per il 2015-2016.
Lo Strategic Touring ha un fondo di 35 milioni per il 2015-18 per aiutare le tournée di individui, di organizzazioni, incluse quelle del National Portfolio e dei Grandi Musei, di biblioteche e consorzi. Ci sono sei gare all'anno.
Il Grants for the Arts gestisce un programma continuo, senza scadenze per la domanda, per contributi che vanno da 1000 a 100.000 sterline. La decisione viene presa nel giro di meno di sei settimane per contributi fino a quindicimila sterline, dodici settimane per quelle eccedenti quella somma. È aperta a tutti: audio-visivi, trasmissioni e trasmittenti, edifici e infrastrutture, commissioni, creazioni digitali, educazione e apprendimento, mostre, festival, sviluppo organico, lavoro originale, partecipazione, spettacoli, produzione, sviluppo professionale, pubblicazione, ricerca e sviluppo, sviluppo di settore, sviluppo di talento, tournée.
Il livello di ammissione e di scrutinio delle domande è rigoroso come quello già visto per il National portfolio.
Il 20 ottobre 2016 l'Art Council ha rilasciato il rapporto sullo stato del teatro inglese [of England], che contiene la proposta di migliorare le sovvenzioni per le tournée e la creazione di tre centri regionali delle Arti fuori Londra. Si riconoscono inoltre alcune verità: che la diminuzione di pubblico a livello regionale è anche dovuto alla mancanza di mezzi di trasporto; che più personale opera all'interno di un teatro o organizzazione culturale, maggiore è la sua capacità di trovare finanziamenti privati, lasciti filantropici. Per esempio, organizzazioni con più di 50 dipendenti stabili generano il 78% dei profitti non acquisiti direttamente, mentre quelli con un personale di meno di 10 dipendenti, ne generano solo l'1%. Il rapporto nota che il modo di operare dei teatri sta cambiando, più simile al modello di un centro per le arti, mischiando spettacoli presentati -prodotti da altre compagnie- e quelli prodotti da loro stessi, e vede in questo modello la via del futuro, dato che appoggerà compagnie che possiedono una sede, verso "come meglio servire la loro comunità e il vario mondo che gira intorno al teatro [wider theatre ecology]" e che le aiuterà ad evolvere dal loro ruolo di produzione di spettacoli a quello di commissione e ricerca di nuovi talenti, insieme ad una maggiore varietà di lavori. Li vede quindi operare come piattaforme che aumentino opportunità per altri creativi, che cerchino punti di interesse condiviso per servire la comunità ed il mondo che gira intorno al teatro, agendo quindi come facilitatori.
Questo è quello che si desidera con la creazione di questi tre nuovi centri regionali.
La gara per questo nuovo ruolo è aperta, e non solo ai teatri delle grandi città, secondo il direttore dell'ACE [Art Council of England], Neil Darlison, ma anche a compagnie i minori, intorno al un teatro base.
Nel frattempo il mondo del teatro lamenta la mancanza di fondi pubblici ed i tagli ai sussidi. La ricerca di finanziamenti alternativi a quello statale è, come detto, ardua e richiede personale a disposizione.
A Londra si ha già l'impressione che i teatri stiano tutti moltiplicando i loro sforzi per aumentare gli introiti di cui hanno bisogno per sopravvivere e che il modello prescritto dall'Art Council sia in effetti già stato realizzato almeno dai teatri più grandi. Come si è detto all'inizio di questo articolo, il mondo dello spettacolo ha dimostrato di essere capace di generare incassi più di altri settori e di essere un settore trainante per il Paese. Il governo lo vuole più e più incoraggiare su questa strada, stabilendo al tempo stesso nuove direttive per imbrigliarlo in quella direzione.
Resta il dubbio se, con la commercializzazione del teatro e del mondo che gli gira intorno, si assisterà anche alla progressiva rinuncia dei valori di indipendenza creativa e soprattutto all' erosione di spettacoli 'rischiosi': il rischio che il produttore/regista/ autore/prende con spettacoli nuovi o di autori esordienti. Spettacoli che costituiscono la linfa vitale di rinnovamento e di originalità del teatro e che per questo meritano il sussidio pubblico. Per assistere invece ad un suo livellamento, come avviene per gli spettacoli dei teatri commerciali.