La trilogia della guerra. Seconda tappa: Ucraina.
Bad Roads (Brutte strade)
di Natal'ya Vorozhbit, tradotto da Sasha Dugdale
Regia di Vicky Featherstone. Scenografia di Camilla Clarke
Con Kate Dickie, Vincent Ebrahim, Anne Lacey, Tadhg Murphy, Mike Noble, Ronke Adékoluejo
Royal Court Theatre, 15 novembre-23 dicembre 2017
Brutte sono le strade battute da soldati e civili nel conflitto in Ucraina. I sei quadri che ci danno l'orrore della guerra in corso tra popolazioni e milizie pro-russe e ucraine hanno un andamento scalare in cui le depravazioni del conflitto vengono via via intensificate. Dall'amore che sorge tra una giornalista 'liberale' ed un comandante 'impotente' che parlano d'amore guardando le 'belle' nuvole di fumo ed il fuoco delle esplosioni nel primo racconto, alla realtà delle ragazzine ucraine che cercano amore, sesso e regali dai loro soldati, al preside della Scuola Numero Tre fermato ad un posto di controllo ucraino e maltrattato per aver presentato il passaporto della moglie invece del suo e per aver un Kalashnikov antiquato donatogli dalle autorità per addestrare gli alunni nel bagagliaio e lasciato andare quando insiste di aver veduto una delle sue ragazzine, orfana e minorenne, uscire dalla tenda dei soldati ucraini. Il quarto quadro aumenta la violenza, il nostro senso di repulsione e di compassione alla vista della incontenibile pena della giornalista che porta a casa il cadavere senza testa del 'suo' comandante. Pazza di dolore si scatena sul soldato che guida la jeep che riporta il corpo mozzo, insultandolo e deridendolo, per essere alla fine consolata da lui. Il quinto racconto è il più atroce: una ragazzina prigioniera dei soldati in zona russa, è stuprata da uno psicopatico, che la batte, la insulta, la violenta in tutte le parti del corpo, le urina sopra. Un 'animale' a cui lei risponde solo con parole di umanità e comprensione, affermando di credere solo alla bontà, per poi, calmatolo e reso quasi umano, ripetutamente colpirlo alle spalle con una pietra. Ammazzatolo, gli urina sopra. Chiude il lavoro un pezzo ambientato prima della guerra che col suo richiamo all'umanità sembra offrire un barlume di speranza, forse nel futuro. Una giornalista investe con la sua macchina una gallina. I suoi proprietari, vista l'ingenuità della ragazza le estorcono una somma spropositata di danaro ed anche i gioielli. Stanno per requisirle l'auto, quando sentono piangere il bebè dei loro vicini. Il richiamo umano sembra risvegliarli dai loro 'brutti' propositi e lasciano andare la donna.
Natal'ya Vorozhbit, ucraina, scuote il pubblico, ormai uso a documentari e notizie che ci provengono e ci sono pervenute dalle numerose guerre che ormai sembrano circondarci in ogni parte del globo, attraverso prima di tutto una prospettiva femminile- tutte le storie concernono donne- e secondariamente attraverso le violenze sessuali che queste subiscono. Il linguaggio è carico di insulti volgari e soprattutto di riferimenti a genitali e pratiche sessuali lecite ed illecite per un essere umano. E diversamente da Sarah Kane che ha usato violenza e oscenità per dipingere le aberrazioni umane, ma allo stesso tempo le ha rese astratte, tecniche, qui Natal'ya Vorozhbit mette in scena il reale sacrilegio della guerra.
Un lavoro potente sulla realtà, uno sguardo, per lo spettatore, difficile sullo scempio, ma dovuto.
Il Royal Court Theatre quindi prosegue nella sua missione di "creare un teatro, vivo, allertante, provocatorio, attuale... che ispiri il pubblico ed influenzi autori futuri con pensieri radicali e discussioni provocatorie". Bad Roads fa parte del programma di 'Drammaturghi Stranieri', iniziato più di vent'anni fa con più di settanta Paesi in quaranta e più lingue. A Minefield dell'argentina Lola Arias (già recensito per Sipario) sulla guerra delle Falklands, è seguito Bad Roads. Completerà la trilogia Goats sul conflitto in Siria.
Un ultimo commento sulla produzione. La scenografia presenta in uno spazio minimo, circondato dai panchetti per un'ottantina di spettatori, una foresta di tronchi d'albero spogli e pochi altri arredi. Vicky Featherstone, la regista, sapientemente lascia campo alla recitazione e all'azione degli attori. Le scene sessuali sono suggerite. La quinta scena è nei suoi punti più violenti oscurata. Nel buio totale solo le parole, i grugniti, i pianti, i colpi giungono allo spettatore. È un teatro di parola, dove le situazioni esprimono di per sé le immagini. Tra gli attori emergono Kate Dickie, Vincent Ebrahim, Anne Lacey, Tadhg Murphy e Mike Noble. Da vedere.
Beatrice Tavecchio