A WELLINGTON REGNA IL TEATRO DEI LAVORATORI DI VITA QUOTIDIANA
C'è un teatro che ogni giorno ci sorprende. Intorno alle 10,30 del mattino, in strada si riversano gli operai che stanno lavorando chi in un cantiere, chi al restauro di una chiesa, chi alle rifiniture di un bar in procinto di aprire, chi è impegnato nelle aiuole di un giardino pubblico. Tutti indossano la tipica tuta fluorescente in dotazione, e mangiano; in Italia si direbbe la schiscetta, posizionandosi un po' ovunque: sulle panchine, ai bordi del marciapiede sedendo su secchi di vernice rovesciati, chi sui gradini della chiesa. Sono in tanti e strade e marciapiedi si colorano della loro presenza. Questi attori del lavoro manuale, quotidiano, ci hanno incuriosito, come è successo a Brisbane, ad Astana, a Pechino.
E per giorni li guardiamo al lavoro. Come abbiamo scoperto nelle città sopracitate, anche qui a Wellington, questi lavoratori lavorano su capriate alte, sui tetti, sui cornicioni e non sembrano, anzi non lo sono, protetti come la sicurezza sul lavoro impone.
Da giorni osserviamo un gruppo di lavoratori, teatranti del quotidiano, che trafficano intorno ad una Chiesa, la Sub Marie Nomine, per la quale il Municipio di Wellington ha stanziato ben trenta milioni di dollari neozelandesi.
A ritmo serrato, circa venti operai hanno fatto di tutto, montato gru giganti, installazioni di tubi innocenti, capriate, carrucole, con azioni insostenibili, poiché anche qui il tempo è denaro; e non c'è tempo per assicurarsi, di affermare i propri diritti, e i lavoratori-attori si adattano alle circostanze. Pertanto, non ci si deve meravigliare dell'alto tasso d'infortuni che si registrano quotidianamente.
Però, sembra, che qui, se accade un infortunio, il datore di lavoro non risponde di eventuali responsabilità, poiché il lavoratore è libero di assicurasi o meno nelle fasi lavorative.
Vedere questi giovani operare ad altezze rilevanti senza che la cintura di sicurezza, pur avendola in vita, non venisse fissata ad alcuna struttura per garantirne l'efficacia, ha destato in noi stupore e preoccupazione.