IN TUTTA LA TV MANCA IL TEATRO, PREVALGONO SPORT, CARTONI, GIOCHI
Per capire gli orientamenti culturali di un Paese occorre avere la pazienza di smanettare, zigzagando da un canale televisivo all'altro in più giornate e in orari diversi. È ciò che facciamo ogni volta che desideriamo conoscere il teatro del Paese che ci ospita.
Ora, la stessa indagine, l'abbiamo svolta qui in Nuova Zelanda; e dobbiamo subito dire che di teatro i neozelandesi ne masticano ben poco, anzi quasi niente: assente su oltre duecento canali visibili a tutti (esistono, inoltre, ulteriori duecento canali visibili a pagamento ma, anche in questo caso, nessuna programmazione di teatro).
Il panorama di questa escursione cosa offre? La televisione ufficiale dei Māori, oltre a fornire le informazioni del giorno, cura molto l'insegnamento della loro lingua in parallelo con quella inglese.
Poi si passa ai canali sportivi: ben sei canali, e ognuno specializzato nello sport da proporre. Quello del rugby che qui è lo sport preferito tanto da radunare il pubblico nei bar; poi, a seguire gli altri: gare di sci nautico, acrobatico, da mozzafiato, tennis, golf, ciclismo, ed altri. Insomma, lo sport domina su tutte le reti, per non parlare poi dei cartoni animati. In tutte le salse.
Poi trovi i canali internazionali: CNN, BBC, Al Jazira; puntualmente, due volte al giorno per tutta la settimana i "giochi delle domande" dove i giocatori sperano di vincere denaro. Una vera ossessione. Tracce di teatro zero, come pure anche passeggiando per la città di Wellington non si trovano né locandine, né manifesti, solo qualche isolato cartellone, per il teatro soprattutto musicale, ma quei "messaggi" risultano poco invitanti, un po' démodé.
Come si è detto, assenza assoluta della drammaturgia nelle reti televisive. Questo è l'orientamento generale, visto da Wellington: prevale lo sport, la TV dei giochi, i cartoni animati: e, per fortuna, un canale di storia, ma si parla solo di guerre, un canale di geografia, uno di animali e un altro di arte pittorica. Ma di teatro neanche l'ombra; e questa è la dimostrazione che piano piano la cultura del teatro, della nostra memoria teatrale è già verso l'oblio.