domenica, 08 settembre, 2024
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KILOWATT FESTIVAL 2024. -di Valeria Ottolenghi (2 di 3)

“A solo in the spotlights”  coreografia, drammaturgia, interpretazione: Vittorio Pagani. Foto Elisa Nocentini “A solo in the spotlights”  coreografia, drammaturgia, interpretazione: Vittorio Pagani. Foto Elisa Nocentini

“A solo in the spotlights” 
coreografia, drammaturgia, interpretazione: Vittorio Pagani
spettacolo selezionato per la Vetrina della giovane danza d’autore 2023 – Network Anticorpi XL
produzione esecutiva: Equilibrio Dinamico
collaborazione alla drammaturgia: Hannes Langolf, Martin Hargreaves
luci: Mark Webber
produzione: The Place London
Visto domenica 14 luglio 2024 a Sansepolcro/ Kilowatt Festival

“La cantautrice fantasma” 
di e con: Ivan Talarico 
grazie a Roberto Castello, Aldes, Giulia Zeetti
Visto sabato 13 luglio 2024 a Sansepolcro/ Kilowatt Festival

“Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Russia” 
di e con: Teodoro Bonci Del Bene
aiuto regia: Francesca Gabucci
costumi: Medina Mekhtievasi 
si ringraziano: Andrea Dok Ceccarelli, Marco Mantovani, Letizia Quintavalla
produzione: Accademia Perduta/Romagna Teatri
Visto domenica 14 luglio 2024 a Sansepolcro/ Kilowatt Festival

A Sansepolcro /Kilowatt Vittorio Pagani, Ivan Talarico e Teodoro Bonci Del Bene
Danza di valore, un gioco sospeso tra verità e finzione e molta rabbia dalla Russia
Nel segno della varietà la XXII edizione di uno dei festival più interessanti

Uno spettacolo d’eccellenza di teatro danza, curato drammaturgicamente, molto bravo Vittorio Pagani che, danzando, svela ironicamente le cattive abitudini delle audizioni: in “A solo in the spotlights”, coreografi (voci esterne) ripetono “again, again, again” per mettere alla prova danzatori a cui poi invieranno lettere (ne appaiono varie sullo schermo, in diverse lingue) in cui si ringrazia dell’impegno, ma che per ora non c’è bisogno del loro contributo. Già: la danza come “mestiere” affine a molti altri nel mondo? Ma a livello artistico quanto si può obbedire a indicazioni esterne senza tradire se stessi? E’ solo un sogno la ricerca dell’autenticità d’espressione?  E in questo campo ci si sposta geograficamente, si inseguono incontri - e si obbedisce a richieste assurde, come nuove prove cambiando musiche… pur ripetendo gli stessi passaggi! “Anelli alimentari della catena artistica”: appaiono scritte, con Pagani che indosserà una maschera/ passamontagna rosso, quasi a svelarsi solo come corpo, oppure creatura anonima, lui come i tanti altri danzatori che inseguono audizioni. Rituali. In verità lo stesso Pagani - vero talento, che si è formato a Londra, presso la University of the Arts, dallo scorso anno parte del collettivo Larvæ, un insieme di professionisti dello spettacolo, supportato dalla Compagnia Equilibrio Dinamico - è anche coreografo. E lo rivela magnificamente nello stesso momento in cui agisce sulla scena ironizzando amaramente su questi percorsi di verifica di competenze che, anche quando sono reali, conquistate con fatica e tenacia, sono messe da parte con serena superficialità. Molti e ripetuti i “Bravo!” a Sansepolcro/ Kilowatt al termine della rappresentazione di Vittorio Pagani, vero talento come danzatore, capace di dare senso e valore all’azione scenica, in ogni passaggio di questa sua articolata coreografia “sotto i riflettori”.
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sipario Kilowatt secondo la cantautrice fanstasma foto di Luca Del Pia
“La cantautrice fantasma” di e con: Ivan Talarico. Foto Luca Del Pia

Al termine dello spettacolo “La cantautrice fantasma” Ivan Talarico arriva a riflettere sul tema dell’autorialità citando Shakespeare - accusato più volte di “shakerare” storie, racconti, testi preesistenti (vero!, ma ci vuole poi un tocco speciale per renderli straordinario teatro) - e Omero, che, ammesso sia esistito, cantore cieco, sicuramente aveva raccolto diversi frammenti di narrazione orale, i versi più volte mutati nel tempo fino a quando la scrittura non li ha definitivamente “fermati” sulla pagina. Talarico assume in scena un ruolo più da conferenziere che da attore: spiega, propone esempi, legge, facendo quindi diverse dimostrazioni suonando e cantando. A quale fine? Rendere evidente come i maggiori successi di musica leggera, i brani più amati - da Modugno a Gino Paoli, da Tenco a Sergio Endrigo e ancora ancora - non siano altro che rimaneggiamenti di canzoni scritte da una donna, Agata F., ogni volta tradita da chi, raccolti spunti, versi, note, “rubati” ritmi e strofe, registrava come proprie le canzoni, scoperte che facevano riempire di lacrime di rabbia gli occhi della vera autrice. Ma: come ha potuto scoprire tutto questo Talarico? Intanto un indizio sullo stesso oratore: alla domanda sul suo lavoro risponde “faccio l’impostore, con rigore e metodo”. E in effetti ha un suo modo serioso, riflessivo di esporre le questioni, capace d’incantare gli spettatori, che certo ridono a ogni nuova sorpresa che va svelando le differenze, davvero minime, tra una canzone nota (s’inizia  con “Volare”) e la prima stesura di Agata F.,  di cui intanto impariamo a conoscere anche la vita privata: perché, vecchia regola, più si danno informazioni circostanziate, ricche di particolari, più si diventa credibili. Si ride ma un po’ ci si crede: del resto non aveva trovato Talarico in un mercatino proprio l’autobiografia di questa donna tanto talentosa quanto sfortunata nella vita? Plagio: “falsa attribuzione a sé di opere o scoperte delle quali spettino ad altri i diritti di invenzione o di priorità”. Ma in che misura si può parlare di plagio?: sarebbero state altrettanto fortunate certe canzoni (di Agata F. naturalmente) se non fossero state adeguatamente “corrette” dai nuovi autori, più o meno truffaldini? Sono interrogativi interessanti mentre si viene a sapere del matrimonio di Agata, dei figli, degli spostamenti di città in città… Obbligatorio il passaggio a Genova. Più di uno i suicidi, fallimentare con Paoli, riuscito con Tenco, lei solo un po’ rotta buttandosi dal terzo piano. Come può essere vera una storia così? Lo spettacolo è ben costruito teatralmente con una serie di ritorni interni, legati anche alla Siae, con cui Agata F. ha rapporti definitivamente conflittuali. Bravo Ivan Talarico, come narratore e come cantante. E ancora si sorrideva all’uscita,  camminando per le vie di Sansepolcro, ricordando alcune battute, lasciando tornare alla mente temi orecchiabili di canzoni assai note.

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sipario Kilowatt secondo teodoro bonci del bene
“Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Russia” di e con Teodoro Bonci Del Bene.

Cade la neve nello schermo sul fondo per lo spettacolo “Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Russia” di e con Teodoro Bonci Del Bene, che mescola più piani narrativi in cui facilmente ci si perde tra Siberia, esperienze di ricerca teatrale e il gran bere: come sottofondo rabbia e infelicità, parole e parole con microfono in mano, ricordando i tanti intellettuali poeti, registi fuggiti dalla Russia: questo ancora prima dell’invasione dell’Ucraina. Con un personaggio che ritorna in quell’affabulare disordinato, il giovane artista russo che ora vive a Varsavia, ma che resta infine figura indistinta, così come il “direttore del teatro” che appare a tratti. Ci si perde tra quei toni sarcastici, spesso autoironici, carichi di un’aggressività di cui in verità si perdono le motivazioni.

Ultima modifica il Martedì, 06 Agosto 2024 09:02

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