martedì, 05 novembre, 2024
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Teatro a corte fra danza, teatro di figura e arte contemporanea. e il teatro sconfigge la paura. -a cura di Nicola Arrigoni

"Les limbes" di e con Etienne Saglio "Les limbes" di e con Etienne Saglio

Les limbes di e con Etienne Saglio, al teatro Astra, Festival Teatro a Corte, il 14 luglio 2016

Torino – La forza del Festival Teatro a Corte sta nella capacità dì coniugare magia e stupore, poesia e ritorno all'infanzia. È questa la sensazione regalata dalla performance di Etienne Saglio con Les Limbes, che ha aperto la seconda settimana di festival. In uno spazio completamente nero fa il suo ingresso l'attore performer. Una folta chioma ricciuta, di nero vestito, in una mano una spada-bacchetta e nell'altra una sorta dì maschera teschio... e il pensiero corre ad Amleto... ma non ci vuole molto perché quella seduzione iconica svaniscae un'altra ne prenda il posto. Un mantello rosso e quella testa/teschio assume forma disumana e si finisce col pensare al Nosferatu di Murnau o al Dracula di Coppola. Altre suggestioni. Fra i due si ingaggia una sorta di sfida, una lotta continua: in gioco c'è forse il duello di quel Cavaliere ricciuto con il suo doppio o con gli incubi partoriti dal suo inconscio. Saglio, raffinato esponente della nouvelle magie, regala un viaggio nel limbo sospeso fra vita e morte, fra realtà e sogni, meglio sarebbe dire incubi. Basta una sottile e volatile striscia di plastica bianca per regalare allo sguardo dello spettatore stupito un duello all'ultimo colpo di fioretto, in cui quell'avversario volatile finisce con l'apparire come un fantasma di quelli di cui si legge nella letteratura gotica. Ma Saglio fa di più : sdoppia la sua figura, a tratti scompare inghiottito dal terreno, fa prendere il sopravvento al demone in pastrano rosso che lo abita e lo divora. Bellissimo è poi il contrasto fra il nero del Cavaliere dell'incubo col bianco di quella plastica volatile che alla fine si finisce col credere dotata di vita propria e si dirà di più: si rischia anche di credere che i fantasmi esistano. Lo sguardo dello spettatore si fa convincere dalle magie messe in atto da Etienne Saglio e per un'ora si crede possibile l'impossibile, ci si ritrova immersi nelle atmosfere dei migliori racconti di Edgar Allan Poe. Tutto ciò è rafforzato, sostenuto emotivamente da una drammaturgia sonora di grande impatto e affidata all'ambiguità dolente del repertorio canzonettistico barocco. Se così si può dire. Un po' di inquietudine rimane, mista a stupore. Ma alla fine si ha la netta sensazione di avere incontrato una creatura speciale che sa abitare le nostre paure, se affrontare al posto nostro l'incubo della morte e del buio... il resto è silenzio rotto dai calorosi applausi del pubblico.


Hakanai di Adrien M & Claire B
Under Flat Sky di Billy Cowie, visti al Castello di Rivoli - Festival Teatro a Corte - prima nazionali, il 15 luglio 2016

 

hakanai na

TORINO – Nel giorno degli attentati a Nizza il Festival Teatro a Corte rende omaggio agli 'amici francesi' con un minuto di silenzio e la consapevolezza che l'orrore e il terrore si possono sconfiggere frequentando la bellezza e professando l'agire culturale come fecondo legame di unione nella diversità. Ben otto spettacoli di area francese in cartellone insieme alla massiccia presenza di operatori e giornalisti d'oltralpe sono a testimoniare un legame di vicinanza e amicizia non di facciata, ma di fattiva collaborazione: ha in merito sottolineato il direttore della kermesse Beppe Navello. Il programma del 15 luglio ha avuto in sé una tensione alla bellezza e intreccio di linguaggi che hanno evidenziato grande coerenza e apprezzabile pensiero artistico. Il Castello di Rivoli ha al suo interno un'importante collezione d'arte contemporanea in dialogo con gli ambienti settecenteschi e ottocenteschi. Il cavallo appeso di Catelan, la Venere degli stracci di Paladino fanno da suggestivi preamboli a due allestimenti che all'intreccio fra danza e arte visiva affidano il proprio specifico. Virtualità e realtà fisica si fondono in Hakanai di Adrien M &Claire B. Il termine Hakanai in giapponese significa fragile, incorporeo. Ed è questa la condizione in cui è inserita la danzatrice prigioniera di una sorta di cubo sulle cui superficie vengono proiettate immagini, reticolati, cascate di lettere. Con questi segni grafici la danzatrice dialoga, anzi il suo corpo diventa strumento, mezzo con cui modificarne il tratto. Al tempo stesso ciò che accade di fronte agli spettatori è la faticosa conquista di una libertà ostacolata da gabbie che il movimento coreografico cerca di modificare , se non eludere. Quella libertà è anche libertà di dirsi ed è bello veder confluire la pioggia di lettere nella bocca della danzatrice: il linguaggio e la cultura liberano. Che effetto fa poi il deflagrare di quello spazio chiuso e che liberazione e rinfrescante sensazione il cadere di una pioggia luminosa sul corpo bianco vestito della danzatrice. Insomma sul modello del più complesso Pixel dei Kafig la performance Hakanai si offre come esempio di dialogo fra danza e visioni virtuali ma nel contesto di Rivoli vive di una sua etica incisività di pensiero e riflessione sull'importava liberatoria della bellezza.

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È come pura bellezza di sguardo e ieratica armonia si è offerta la creazione del visionario videomaker e coreografo scozzese Billy Cowie, realizzata per il museo d'arte di Kochi in Giappone. Proiettando le coloratissime e informali opere della tedesca Silke Mansholt il coreografo con Under Flat Sky offre un viaggio visionario in cui alcuni ikebana che dicono d'amore e morte, di solito e felicità impalpabili dialogano con i movimenti ieratici e rallentati di due danzatrici che finiscono col divenire parti stesse di quei fondali dipinti che profumano di antiche lontananza e di paesaggi dell'anima leggeri e poetici. I due lavori visti a Rivoli hanno dialogato con gusto con lo spazio e risposta alla mission del festival di coniugare la forza attrattiva di danza, nouveau cirque, ed esperienze di teatro di figura con gli eleganti contesti artistici e architettonici delle residenze sabaude.


A Strong Section e La partida, coreografia di Vero Cendoya, al Castello di Racconigi, Festival Teatro a Corte, 16 luglio 2016

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TORINO –L'apparenza inganna: sembra questo il filo conduttore degli spettacoli della penultima giornata di Teatro a Corte di sabato 16 luglio. Accade che davanti alla bellissima controfacciata del castello di Racconigi si presentino quattro 'concertiste' di nero vestito che invece di imbracciare violino e vuole tengono in mano delle degne. È questa l'immagine iniziale di A Strong Section, appunto una 'sezione d'archi'. Il termine sezione richiama l'azione del sezionare, ed è quello che fanno le quattro musiciste con le loro seghe. Si assiste così al sezionamento delle sedie su cui sono sedute in un susseguirsi di prove di equilibrio e di intrecci fra sedie e corpo nel nome di virtuosismi compiuti da insoliti falegnami muliebri. A penalizzare un po' la resa dello spettacolo è stato proprio lo spazio en plein air. A Strong Section richiedeva maggiore intimità per poter giocare l'ironia e stupore degli sguardi delle musiciste con seghe sulla vicinanza col pubblico e far arrivare l'insolita musica di quel concerto di seghe. Ci si diverte ma le potenzialità della performance potevano essere altre. Spiazzante, divertente e intelligente così si può definire La Partida della coreografa catalana Vero Cendoya. In un campo di calcio allestito nel giardino di Racconigi il pubblico seduto intorno ha assistito al curioso legame che può esserci fra danza e calcio. A confrontarsi sono cinque danzatrici e cinque calciatori. Il gioco consta in un divertente dialogo fra azioni calcistiche vere e proprie e passi di danza, in un confronto di genere. Non capita sempre di fare goal solo perché il portiere ha nausee preparto... non capita spesso neppure di avere a dirimere il match un arbitro con ambizioni da étoile... Tutta La partida si gioca sul sottile confine che fa dei calciatori dei danzatori e delle ballerine delle giocatrici non meno agguerrite. Vero Cendoya è riuscita a costruire uno spettacolo che unisce intelligenza e leggerezza, ironia e una riflessione sul rito del calcio come rito bellico mai banale e molto coinvolgente. Pian piano si assiste al sovrapporsi dei linguaggi, la danza ha il sopravvento perché intesa come movimento armonico del corpo nello spazio. Alla fine se pure il risultato vede i giocatori vincere 2 a 1 sulle ballerine, l'invasione di campo finisce col trasformarsi in una balera con l'invito al pubblico di lasciarsi andare a un valzer sul manto verde del campo.

Ultima modifica il Domenica, 17 Luglio 2016 11:23

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