Proietti/Kean o la passione teatrale
Globe Theatre – Roma 8-17 Luglio 2016
Un uomo solo nel suo camerino, sospeso fra il teatro e la vita "laica". Il ritorno in scena del Maestro Proietti al Globe di Roma, con lo spettacolo Omaggio a Shakespeare, nel decennale della nascita del teatro, è stato coronato da un'ovazione da parte del pubblico. E l'operazione ha vagamente riportato alla mente anche quella di Strehler di trent'anni fa, dal titolo: Elvira o la passione teatrale.
Ecco il binomio Roma-Milano identificato in una sola parola, Arte, ma anche quello tra sud, centro e nord d'Italia e quello fra il Belpaese e l'Inghilterra – in barba alla Brexit – per un abbraccio temporale con quattrocento anni di storia del Teatro e dell'Uomo, filtrati dal soffio di un paio d'ore di spettacolo. Il testo rielaborato da Proietti – sua anche la regia - è uno script di Fitzsimmons per Ben Kingsley sulla vita del grande attore ottocentesco, Edmund Kean, portato in scena a Taormina nell'89. Kean come Garrick e Proietti come Strehler, alla ricerca di quella linea impercettibile e sempre più invisibile fra il teatro e la vita, in una carrellata di monologhi monolitici del Bardo intersecati con scampoli di vita del grande attore inglese.
Come la pittura inglese e il self made man nel 700 furono finalmente in grado di contraddistinguersi dal monopolio italiano e francese, così Garrick, ritratto da Reynolds, Zoffany e Soldi, fu il primo esempio di celebrità attoriale e spianò la strada al fenomeno del divismo. Kean, infatti, divo assoluto del teatro londinese, nel secolo successivo ebbe fama pari a quella di Napoleone e del Re. E il suo sdoppiamento fra vita pubblica e vita privata ebbe tutte le carte in regola per farsi carico di quell'oscuro dualismo che il teatro richiede, quel perdersi nel teatro per ritrovarsi.
L'omaggio di Fitzsimmons a Kinsley, Proietti a entrambi e dei tre a Kean, dal messaggio universale che coinvolge tutto il mondo degli attori, tra passato, presente e futuro, vuole consacrare legittimamente il ruolo di messaggero che l'attore è chiamato ad assumere, per insegnare agli altri quanto accade attorno a loro, rivelandolo a loro stessi. Veri artefici della sopravvivenza dei testi, gli attori sono i traghettatori che, passando di testimonio in testimonio, danno vita alle emozioni racchiuse nelle parole degli autori, nel segreto del proprio io, tragicamente e miracolosamente frammentato.
Kean, innovatore di quel processo tecnico di recitazione che bandì ogni forma di artificiosità, si identifica perfettamente con Amleto - Shakespeare mette nero su bianco, per bocca di Amleto, la lezione di verità scenica impartita agli attori chiamati a corte per incastrare lo zio fratricida – ma è anche vittima della sua stessa ambizione ed è sanguinario come Riccardo III e Macbeth, sia pur in senso metaforico o fatalmente inconsapevole. Un'ambizione costata addirittura la vita a suo figlio e responsabile della rottura del suo matrimonio, rivelò la schiavitù dalle sue passioni oltre ogni limite sociale consentito. Il grande attore preferì alcool e sesso, pur di non recedere di una sola virgola nella sua ambizione né fu mai propenso a un ridimensionamento del suo enorme ego, terrorizzato dalla fobia di essere impallato, se non in favore dell'altro suo figlio e solo in extremis.
Genio e sregolatezza, aveva scritto di lui Dumas, che prendono forma in Gigi Proietti tra un bicchiere e l'altro, un mantello e l'altro, nei vari passaggi sottolineati dall'eleganza delle musiche di Carpi, nel privato del camerino dell'attore inglese. Dissoluzioni e fragilità si mettono a nudo e trovano, attraverso i secoli, il riscatto delle sue manchevolezze nella grazia rarissima di un talento autentico, prontamente restituito dall'attore romano. Il segreto del camerino, teatro di costruzione e distruzione per la vita di Kean, si svela con generosità e senza filtro ad un pubblico avido di conoscenza, per toccare con mano la tenerezza e l'amore verso un mestiere tanto maltrattato ancora oggi. Eppure l'insostituibile missione intermediaria di ogni attore custodisce e tramanda ai posteri il genio degli autori, per renderlo accessibile agli altri in un processo inarrestabile di ricerca che affonda le radici nel più profondo dell'animo umano, malgrado la necessaria zavorra delle personali fragilità.