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45° Cantiere Internazionale d'Arte 2020. "VIVERE L'UTOPIA" e "PROMETHÉE - LE POÈME DU FEU". -di Marco Ranaldi

Mariangela Vacatello Mariangela Vacatello

2 agosto ’20
Piazza Grande
CONCERTO DI CHIUSURA
VIVERE L'UTOPIA
Orchestra Poliziana
Progetto side-by-side
Mariangela Vacatello pianoforte
Francesco D’Orazio violino
Roland Böer direzione
Beethoven - Due Estratti da Le Creature di Prometeo, Concerto per pianoforte e orchestra n.3,
Concerto per violino e orchestra

Ore 23.30 Piazza Grande
PROMETHÉE - LE POÈME DU FEU
Installazione luce di Gianni Trabalzini e Alessandro Martini
Roland Böer tastiera LUCE
musiche di Skrjabin
(dedicato alla memoria di Guido Levi)

Chopin rubava dalle note quella misteriosa essenza quasi avesse fra le mani rare erbe di antichi odori. Chopin ha scritto per permettere al pianista di sapere cosa si potesse fare con quello che rubato rimaneva nell’idea. La scrittura di Chopin è scrittura che va forse oltre ogni parametro di riferimento comune. Suonare Chopin è sapere di suonare qualche cosa rara fattura, dove la bellezza è pianta antica e il suono va vicino a quello degli Dei vicini alla Polonia. E’ quindi rarissimo ascoltare un pianista che sappia suonare con l’idea di Chopin ben dentro la logica digitale. Mariangela Vacatello è una rara pianista. Sa suonare con la mano sul pianoforte come se avesse in se Rubinstein Arthur (s’intende) come padre putativo e come madre l’anima antica dei navigatori greci, quelli che ancora cercano Itaca. Ebbene questa splendida pianista ha suonato il terzo Concerto di Beethoven con quel nucleo di giovani dell’Orchestra Poliziana ben vissuti da Roland Boer, per il quale, come è ben risaputo da chi legge queste note festivaliere, stravediamo. Ma la Vacatello cosa ha fatto di Beethoven? Una strada unica, percorsa da pochissimi che coniuga estrema intelligenza, musicalità di sofferta ricercatezza e un tocco che sa di profumate erbe antiche. Potremmo usare gli stilemi di tanti che scrivono di musica, usare le parole sulla tecnica, sul fraseggio, quella frase del primo tempo da battuta 10 alla 14 è perfetta, potremmo dire della scuola da cui proviene e tante altre amene cose a cui il lettore è stato abituato. E’ inutile, non serve. Ciò che è Vacatello non è collocabile. E’ solo ascoltabile. Silenzioso. Come Fur Elise che è la clessidra di un tempo che forse sarà ancora a venire. In una coda di sintomatici innamoramenti, quel piccolo brano tanto sbugiardato diventa caramella di spezie. Profumata come il colore che si sente da lontano verso il mare. Brava! Il concerto per violino del nostro carissimo Beethoven è il passaggio perfetto alla porta dell’Ade. La cerca verso Tiresia è assimilabile a ciò che il navigatore greco non poteva sapere senza vedere. Un passaggio necessario per sapere Tiresia. Francesco D’Orazio è lì sulla porta dell’Ade e s’affaccia per vedere Tiresia. Suona il suo Beethoven alla ricerca di una possibile interpretazione. Con lui sempre i giovanissimi poliziani a cui auguriamo tutto il bene possibile e colui che permette tutto questo senso di ricerca il maestro Boer. Per lui si sa è l’addio da Montepulciano ed è stato un commiato attraverso uno degli autori che più di tutti significavano l’addio. Sarà stato per questo sentimento di malinconica separazione che il concerto oltre a tutte le perizie di cui sopra e a tutti gli altri riferimenti critici, ha rappresentato il concerto degli Adii. Con mestizia Boer ha diretto partendo proprio dal cercatore del fuoco, il Prometeo che è presente in ogni navigatore. La sua presenza è sempre fonte di grandissima esperienza e di studio assoluto. Si apre con il fuoco e si chiude con lo stesso in un esperimento tanto caro ai sovietici ovvero l’associazione fra suono e colore. Pertanto in quella sua unica struttura culturale Boer traccia le sue luci per narrare il Poema del Fuoco di Skrjabin. E’ uno spettacolo che sa veramente salutare quello che è stato il suo lavoro a Montepulciano: passione e professionalità. Come cantava Umberto Bindi questo non sarà un addio ma un arrivederci perché come Henze sapeva, quando si arriva a Montepulciano, si va via ma poi si torna. Itaca? Forse.

Marco Ranaldi

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Agosto 2020 08:58

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