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40° Edizione ORIENTE OCCIDENTE 2020: "CENTAUR", di Pontus Lidberg. -di Federica Fanizza

"Centaur", di Pontus Lidberg. Foto Morten Abrahamsen "Centaur", di Pontus Lidberg. Foto Morten Abrahamsen

PONTUS LIDBERG, DANISH DANCE THEATRE - DANIMARCA
CENTAUR
Prima Assoluta
Coproduzione Oriente Occidente Dance Festival con Théâtre de Chaillot, Parigi
40 ed.ORIENTE OCCIDENTE 2020. CORPO POLITICO E CORPO POETICO
Rovereto 3 – 12 settembre 2020
ROVERETO,Teatro Zandonai, 3 settembre 2020

Con la produzione, in prima assoluta, di Centaur di Pontus Lidberg con il Danish Dance Theatre ha preso avvio a Rovereto la 40 edizione del Festival di danza contemporanea Oriente Occidente con un programma ripensato nell'impossibilità di concludere il discorso, intrapreso negli ultimi tre anni, sulla nuova Via della Seta che si affidava a tre compagnie provenienti dalla Cina, programmate pre-pandemia e impossibilitate a muoversi. Ma questa situazione oggettiva ha permesso una generale riflessione e ripensamento su quanto è accaduto in questa fase di isolamento e di rallentamento dei contatti fisici. Siamo cambiati in questo tempo che ci hanno portato a modificare le nostre abitudini quotidiane, il nostro modo di lavorare, di relazionarci con l’altro? Conserviamo ancora la stessa visione sul corpo? Di certo la paura del contagio, la mancanza di contatto fisico dettata dalle pratiche di protezione, l’incertezza diffusa sul futuro, il sentimento di fragilità che ci ha pervaso, hanno inevitabilmente cambiato le nostre vite e con esse la percezione del nostro corpo. Ecco che l'idea portante della rassegna ha voluto riflettere la contingenza del tempo cercando di ridefinire una ‘Polis distanziata’, del Gesto che si fa azione politica, di presenza, esistenza e trasformazione collettiva. Il Ri-emegere da un lungo periodo in cui i rapporti interpersonali si limitavano a ‘surrogati tecnologici’, al contatto con la voce dai balconi e dalle finestre delle case, gli artisti – in sala prove con l’obbligo di distanziamento – hanno posto al centro, della loro ricerca, la relazione tra i corpi. Ecco che il filo conduttore di questo festival ritorna ad esemplificare la funzione sociale della danza come lavoro sul corpo umano nello spazio e nel tempo, inteso così dare risposte a interrogativi sostanziali circa l’incertezza diffusa sul futuro, le contraddizioni delle tecnologie, la fragilità che ha invaso il mondo. Siamo oggi più consapevoli della nostra finitezza? Quali pratiche per sopravvivere? E lo fa coinvolgendo artisti, intellettuali e pubblico in una riflessione che si sintetizza nel binomio corpo politico/corpo poetico. Nello stesso tempo si rientrare nella politica attiva della rassegna, il rispetto dei protocolli sanitari sia per le compagnie che per lo staff, gli spettacoli replicati due volte per permettere a un maggior numero di spettatori di partecipare nonostante le regole di distanziamento fisico. Così è stato anche per gli artisti ospiti che hanno modificato e adattato le loro proposte, inserendole nella “polis distanziata”, dove il gesto poetico si fa politico: di presenza, di esistenza, di protezione. Ma, nonostante tutto, di relazione tra i corpi. Quello di Pontus Lidberg con il suo Danish Dance Theatre, è stato un gradito ritorno sul palcoscenico roveretano, che lo ha visto nel 2018, protagonista con il fluido Siren, quando ha preso le redini artistiche della compagnia danese. Sperimentatore, appassionato di tecnologia su cui riflette da sempre in relazione all’umano, il titolo pesca dalla mitologia greca, Centaur (Centauro), la figura mezzo uomo mezzo cavallo che oggigiorno è, per il coreografo, una nuova creatura metà uomo e metà macchina. Fanno da sfondo all'azione dei danzatori lo scorrere di formule algebriche, combinazioni seriali alfanumeriche. Non sono proiezioni casuali ma il prodotto dell’artista esperta di Intelligenza Artificiale Cecilie Waagner-Falkenstrøm e del compositore elettronico giapponese Ryoji Ikeda che hanno elaborato, come partner attiva ai suoi danzatori, David, l’Intelligenza Artificiale che li ha guidati nella generazione della performance. Questa voce macchina, poteva scegliere e dispensare nel corso dello spettacolo, sotto forma di discorso o testo proiettato sullo schermo, le varianti possibili di una coreografia e di combinazioni geometriche dello spazio scenico. Ma il suo intervento simulava coscienza, emozione o intenzione; programmata per lo spettacolo, le sono state fornite informazioni sulle tragedie greche esistenti, sulla composizione musicale di Schubert, sui movimenti planetari e sugli stormi di uccelli, nonchè i dati raccolti in nove mesi di prova dai ballerini. Tramite algoritmi, i danzatori prendono posizioni sul palcoscenico secondo le varie combinazioni possibili tra loro e nello spazio in movimenti sempre più convulsi e ripetitivi, nello stile fluido che caratterizza la ricerca di Lidberg, che parte dalla concretezza del contatto con la terra. Esiste solo un momento il cui l'anima umana prende il sopravvento quando con gli inserimenti di brani di Franz Schubert (musicista caro al coreografo utilizzato in precedenti lavori), l'azione s'incentra attorno al corpo nudo di un danzatore, a definire il prevalere della volontà creativa e intuitiva dell'individuo, sulla costruzione artificiale e predefinita nella sua forma. La concretezza del progetto si riflette nell'abbigliamento quotidiano con cui agiscono la compagnia in scena. Caloroso successo del pubblico con dimostrazioni di affetto nei confronti di Pontus Lidberg, essenzialmente formato da addetti ai lavori e affezionati locali, contingentato nei numeri che poteva raccogliere il piccolo teatro Zandonai di Rovereto. Un centinaio di sagome di grandi coreografi che hanno fatto la storia della danza e sono stati protagonisti di questi 40 anni di Festival a Rovereto, hanno definito il distanziamento tra il pubblico che così ha avuto modo di sedersi in compagnia di personaggi come Pina Bausch, Merce Cunningham, John Cage, Kazu Ohno, Trisha Brown, Carolyn Carson.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Martedì, 08 Settembre 2020 14:12

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