Regia, coreografia e performance Eliana Stragapede e Borna Babic
Drammaturgia Margherita Scalise
Musica inedita Nenad Kovacic
Voce Teresa Campos
Musica originale Nicholas Britell
Audio editing Giuseppe Santoro
Costumi Nina Lopez-Le Galliard
Disegno luci Benjamin Verbrugge
Contributi fotografici David Kalwar
Supportato da VGC Brussels, Culture Moves Europe (European Union and Goethe Institut),l’Obrador-Espai de Creaciò, Roxy Ulm and TanzLabor Ulm
XL Serata Giovane Danza d’Autore
selezionata per la Vetrina della giovane danza d’autore
teatro Filodrammatici di Piacenza 14 febbraio 2025
AMAE, la cura dalla dipendenza per Stragapede e Babic Nella serata dedicata alla Giovane Danza d’Autore, in cartellone presso il teatro Filodrammatici di Piacenza a cura del Teatro Gioco Vita, è andato in scena AMAE di e con Eliana Stragapede, danzatrice italiana e Borna Babic di origine croata, ambe due formati alla Codarts, a Rotterdam, portando in scena un duet emotivamente intenso, fatto di afflati, contatto corporeo, fiducia reciproca nel lasciarsi andare e condurre, tra cambi di registri morbidi e scivolati del linguaggio fisico e contrazioni muscolari precise con la padronanza della tecnica corporea acquisita al servizio dei sentimenti. AMAE, titolo del progetto coreografico in divenire, è la definizione in giapponese del significato ideogramma del verbo amaeru, cioè l’atteggiamento di dipendenza dagli altri nei rapporti interpersonali, quali tra una coppia, madre e figli o simili. Lo stimolo viene raccolto dalla stessa Stragapede e Babic, nella lettura del libro dello psichiatra Takeo Doi, in cui si riflette sul comportamento di una persona che cerca di indurre una figura autoritativa, come genitore, coniuge, insegnante o un superiore, a prendersi cura di lei, fino a rendere patologica la dipendenza. Al suo opposto, poi, ne scaturisce, il dilagarsi del fenomeno contrario, della solitudine, generando una specie di agorafobìa, come avviene con il dilagarsi tra i giovanissimi degli Hikikomori, coloro che decidono di stare in disparte, per lunghi periodi, senza avere più contatti con la realtà. Il lavoro coreografico dei due interpreti si basa soprattutto sull’esplorazione fisica e teatrale, nella connessione primordiale del sentire le pulsioni del corpo, definite dallo stesso Laban come effort shape e da K.G.Jung, come l’impulso primordiale da cui si genera l’intenzione dell’azione fisica e mentale dell’uomo. Nella dinamica del movimento diventa analizzabile seguendo dei parametri ben precisi spazio, peso, tempo, e flusso (effort shape). Il risultato in scena è una perfetta simbiosi di connessione di comunicazione non verbale corporea che nutre d’incanto gli spettatori disarmando ogni minimo preconcetto di incasellare la significante della scrittura coreografica, che si rivela unica nel suo modo di rappresentarsi. Con solo i corpi, luci di taglio ai lati delle quinte, atmosfere, silenzi, voci, suoni e musiche inedite, per scandire questo incontro di coppia artistica in scena, che ha scandagliato ideato e sperimentato in versione breve il duetto, nel periodo del lockdown, ove l’urgenza di rimettersi a danzare ha dato linfa vitale alla creatività, ricevendo nel 2022 il Premio per la performance al Copenhagen International Choreography Competition. In apertura di spettacolo, il pubblico è stato accolto nel foyer, da giovani allieve reduci dal laboratorio di Riccardo Buscarini, provenienti dalle province di Parma e Piacenza, ove sul tema dell’amore hanno performato strappando fogli con lembi di parole e frasi che gli spettatori potevano raccogliere per ricomporre simbolicamente un messaggio, tipo…felici…io…non si amano più! Nella giornata dedicata a S. Valentino. Emanuela Cassola Soldati