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Noi siamo quello che vediamo? Ma gli altri vedono chi siamo noi? E come ci vedono o ci giudicano? È soltanto un’immagine riflessa in uno specchio quella che, della realtà e delle persone, viene mostrata? E questi riflessi sono poi reali? Oppure devono essere svelati nella loro verità e concretezza? Sono questi gli interrogativi con cui si apre questo balletto, intitolato appunto Facades, ossia Facciate, proprio a testimonianza di ciò che questi stessi quesiti introducono: i diversi lati e le diverse personalità di ogni essere umano, come le diverse facce della luna, quella mostrata e quella sempre nascosta. Sembra quasi di “entrare” nella canzone di Mulan, Reflection, in cui la protagonista si chiede che riflesso abbia lei, come la vorrebbero gli altri e cosa invece richiami realmente i suoi interessi personali. Un prodotto che dialoga anche con altre arti, quali ad esempio la letteratura richiamandosi evidentemente a Pirandello e alle sue maschere, le maschere di ognuno nella realtà e nelle diverse situazioni della vita, poi con la psicologia e la filosofia che si interrogano continuamente sulla natura delle cose e sul mondo circostante, ma anche con la narrativa degli autori del Novecento. Questo innovativo e particolare balletto fa sì che ci sia una presentazione di veri e propri quadri che prendono man mano vita come fosse proprio la storia che si compone, della dimensione umana, armonica ed artistica insieme. I tutù classici, modello a piatto, sono soltanto l’espediente per iniziare una coreografia che parte anche dalla danza classica, tramite dei bei passi a due, ma che poi continua con il contemporaneo, il modern e la mimica, una vera e propria pantomima presente anche in apertura, che si richiama a figure che ricordano personaggi quali Mozart ed i suoi contemporanei. Non solo, in modern, sempre con costumi nello specifico appartenenti alla danza classica, quindi con tutù, rosso fuoco, le ballerine, nei pezzi d’insieme, propongono coreografie di stampo esclusivamente moderno, addirittura intrecciando elementi e passi che si svolgono a terra, che di solito non sono chiaramente contemplati in movimenti classici. Sono delle vere e proprie macchie di colore in movimento, dei veri e propri quadri che si animano e che mostrano la bellezza ed il passaggio dalla fissità verso il movimento del gruppo e dei solisti, andando ad indagare e a scandagliare, proprio tramite questi stessi movimenti, la personalità e la realtà, per tornare agli interrogativi posti in apertura. Sulle bellissime note di Vivaldi, della tradizione musicale, si scioglie il filo del gomitolo della contemporaneità e della pluralità di identità che essa stessa comporta, guardando con un occhio però anche alla poetica del bello ed al motto, di stampo dell’estetismo, del vivere la vita come un’opera d’arte.

Francesca Myriam Chiatto