The Dance Factory
Prima rappresentazione DansensHus – Oslo, 4 maggio 2017
Coreografia: Dada Masilo
Musica: Philip Miller*
Disegni: William Kentridge
Assistente alla regia: David April
Luci: Suzette le Sueur
Costumi: David Hutt of Donker Nag Helder Dag, Songezo Mcilizeli & Nonofo Olekeng of Those Two Lifestyle
Su commissione di: The Joyce Theater, Stephen and Cathy Weinroth Fund for New Work; the Hopkins Center, Dartmouth College; la Biennale de la danse de Lyon 2018, Sadler's Wells
Ulteriore sostegno alla commissione La Batie-Festival de Geneve
*con il sostegno ulteriore di SAMRO FOUNDATION
Cast: Giselle, Dada Masilo / Albrecht, Xola Willie / Hilarion, Tshepo Zasekhaya / Myrtha, Regina delle Villi, Llewellyn Mnguni / Bathilde, Liyabuya Gongo / Madre di Giselle, Khaya Ndlovu / Uomini/Villi: Thami Tshabalala, Steven Mokone, Tshepo Zasekhaya, Thami Majela, Lwando Dutyulwa / Donne/Villi: Khaya Ndlovu, Zandile Constable, Liyabuya Gongo, Nadine Buys, Sinazo Bokolo
Interpreti musica registrata: cantanti Ann Masina, Vusumuzi Nhlapo, Bham Maxwell Ntabeni, Tumelo Moloi.
Archi: Violino elettrico: Waldo Alexander, Violino/Viola: Emile de Roubaix, Violoncello: Cheryl de Havilland / Corno francese: Shannon Armer / Percussioni: Tlale Makhene, Riaan van Rensburg / Mixer: Gavan Eckhart
BRESCIA, Teatro Grande, 30 ottobre 2018
Settanta minuti risuonati nel respiro... Quello di Dada Masilo verso il grande repertorio classico è un approccio unico per l'originalità delle scelte stilistiche ed estetiche, una sorprendente gamma di emozioni tinteggiate dalle gradazioni tra i due opposti, riuscendo così a far cadere il pubblico ai suoi piedi, la rilettura risulta vincente perché nasce dalla terra, e si pone in scena con una danza schietta, la creatività della Masilo possiede la natura. Ogni esibizione della coreografa sudafricana è un concentrato di impeto fisico e profondità espressiva, la quale sfrutta qualsiasi potenzialità del corpo, rivisitandone le tecniche, anzi riesaminando l'idea che la danza in qualche modo s'identifichi con una mente superiore, puntando dritto al cuore, senza favole e senza utopia. Una danza che basa ogni movimento sull'uso dell'energia, avvalendosi di movimenti ampi e calibrati, intimamente eloquenti, a tratti solenni, intrisi di ritmo e contro ritmo, un'alternanza di tensioni e rilassamenti con una disarmante spontaneità. L'influenza maggiore dello stile masiliano deriva dall'ambiente in cui è cresciuta, con un soffio che si riverbera in ambigui elementi, la forza antenata di un misticismo che fuoriesce nella contemporaneità, dove l'aspetto dell'amore contiene il suo contrario, e il sentimento fonde la nostalgia della purezza con il male umano. Questa Giselle lascia scorrere i tanti enigmi di trascendenza, sempre colmi di una consapevolezza che non viene mai abbandonata, nemmeno nel pieno della visione o della pazzia, delineando un mondo segreto dove il sacro e l'oscurità antropico si rivelano sotto lo sguardo dello spettatore. Si percepisce, per grado, una straordinaria vitalità nel risveglio di sensi dimenticati, che lottano sotto la soglia della coscienza, per lasciare l'impronta in un canto finale di liberazione e redenzione, in una sorta di rito iniziatico, un'apoteosi che possiede tali caratteristiche da spingere alla meditazione sui contenuti della vita, il bianco prima e il rosso dopo sono il residuo simbolico, letterario ed artistico, romantico e carnale dell'indirizzo culturale della coscienza. Uno stile, quello della Masilo, che vuole essere forma, quindi, ma anche messaggio, un modo per delineare la propria identità mediante la cifra della diversità, sapendo cogliere le caratteristiche di ogni elemento narrativo originario, arginando la tradizione. Equilibrio armonico di forme, proporzioni e opposizioni percorrono la scena, tessendo una fitta trama di concordanza nel risvegliare, rinascere, rifiorire, o meglio nell'essere restituiti a nuova vita. Ciò che colpisce, al di là della riscrittura del grande titolo accademico, è Dada Masilo stessa che grazie alla sua prorompente capacità di attrarre il pubblico, da quello più colto a quello meno avvezzo, usa un'eloquenza di indiscutibile fascino nello spazio. La sua Giselle, vista nel gioiello qual è il Teatro Grande di Brescia, necessita di decantazione per gustare al meglio la ricercata rilettura, favorendo così la giusta ossigenazione nell'estrarre quel bouquet sottile e raffinato di viva sensibilità. Lo spettacolo si avvale di dodici ballerini, molti dei quali con doppio ruolo. La scena si presenta vestita solo dai costumi e da un magistrale uso delle luci (firmate da Suzette le Sueur). È un qualcosa che ti rimane addosso, è un'ombra che ti accompagna e ti lavora dentro. Dopo che Giselle viene spogliata dei suoi vestiti, umiliata nella follia e, alla fine nella morte, il tutto è pronto per una giustizia soprannaturale su uno sfondo proiettato con opere di William Kentridge sostenuto dalla suggestiva colonna sonora a firma Phillip Miller sulla campionatura orchestrale di Adolf Adams, con voci, percussioni e strumenti i quali contribuiscono ad un'atmosfera tipicamente africana, in tutta la sua bellezza suadente. La Giselle della Masilo è una donna determinata a gestire la situazione come meglio crede. Da manuale l'enigmatica presenza di Myrtha, Regina delle Villi interpretata da Llewellyn Mnguni, figura eterea quanto seducente. Nella scena finale, c'è Albrecht (un intenso, credibile e prestante Xola Willie), morto disteso a terra. Giselle attraversa il palco, seguendo la sua nuova famiglia delle Villi, supera il suo già amato senza rivolgere ad esso uno sguardo, purificando il proprio cammino con un "coup de théâtre". La storia d'amore che tutti conosciamo qui diventa più tenebrosa e tragica. L'enfasi della vendetta piuttosto che quella del perdono rende la contezza attuale e credibile. Ogni passo, ogni intreccio, ogni gesto, ogni formulazione, ogni parola detta vive di una propria robustezza e di una propria luce natia. Semplicemente una delle migliori opere di danza contemporanea in circolazione. Un'esperienza emotivamente possente, un qualcosa di teatralmente straordinario. L'abilità di Dada Masilo come ballerina è impeccabile, riesce a trasmettere una tensione emotiva in grado di ammaliare, la sua danza è a tratti flessuosa e virile, rapida e feroce da lasciarti senza fiato. Aristotele, nella sua "Poetica", definisce la peripeteia come "un cambiamento mediante il quale l'azione si sposta al suo opposto, soggetta sempre al nostro dominio di probabilità o necessità", sempre secondo Aristotele la peripeteia, insieme alla scoperta, risulta la più efficace quando si tratta di dramma ed in particolare di tragedia; e così vale per la Masilo quando cattura lo sguardo del pubblico e lo detiene enigmaticamente fino a chiusura di sipario. La compagnia è prodigiosamente bella, formata da esecutori di altissimo livello, Nadine Buys, Zandile Constable, Liyabuya Gongo, Thami Majela, Ipeleng Merafe, Llewellyn Mnguni, Khaya Ndlovu, Thabani Ntuli, Kyle Rossouw, Thami Tshabalala e Tshepo Zasekhaya ognuno di loro parte competente del lavoro d'insieme. Una rivoluzione che occhieggia ad Adam mutandola nella possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi, percependoli unitariamente in modo esente da qualsiasi contraddizione nei pensieri e nelle azioni; fedele alle proprie idee, alle proprie convinzioni, ai propri principi. Dada Masilo ama il teatro che stimola la danza e ama il suo pubblico che si nutre della sua arte.
Michele Olivieri