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HAKANAÏ - composto e diretto da Adrien Mondot e Claire Bardainne

"Hakanaï" - composto e diretto da Adrien Mondot e Claire Bardainne "Hakanaï" - composto e diretto da Adrien Mondot e Claire Bardainne

composto e diretto da: Adrien Mondot e Claire Bardainne

danza: Akiko Kajihara

interpretazione digitale (alternata): Adrien Mondot, Claire Bardainne

interpretazione suono: Christophe Sartori, Loïs Drouglazet

strumenti digitali: Loïs Drouglazet, Christophe Sartori

supervisore esterno: Charlotte Farcet

direttore tecnico: Alexis Bergeron

Roma, La Pelanda, all'interno di Romaeuropa Festival, 25 ottobre 2014

www.Sipario.it, 29 ottobre 2014

La liquidità della danza

Definirlo uno spettacolo di danza contemporanea sarebbe riduttivo e anche impreciso. Adrien Mondot viene dal mondo dell'informatica e dal circo, Claire Bardainne è un'artista plastica, desiner grafica e scenografa. La compagnia Adrien M / Claire B da loro fondata nel 2011 crea spettacoli pluridisciplinari in cui mescolano la giocoleria e il digitale, la musica e la danza, con creazioni a cavallo fra performance e istallazione. Hakanaï non fa eccezione e non a caso è andato in scena alla Pelanda, luogo che ospita il Digital Life, quello spazio metaforico che il Romaeuropa dedica alle arti digitali. Il tema di Digital Life 2014 è PLAY e nelle sale della Planda sono infatti esposte dieci "opere musicali". Coerentemente con il tema di Digital Life, la danzatrice di Hakanaï (Akiko Kajihara), si muove come un direttore d'orchestra nel suo cubo di tulle bianco su cui sono proiettate immagini in continua trasformazione. Ma ciò che orchestra Akiko Kajihara non sono le musiche, sono le immagini che si disegnano intorno a lei creando, distruggendo e ricreando panorami sempre diversi. Le musiche la accompagnano mentre disegna nello spazio, il proprio spazio. I rapporti di potere però non sono costanti: talvolta è lei a orchestrare, poi guarda stupita le luci che disegnano una rete che la intrappola, solleva un angolo della rete, si crea un varco e la fa volteggiare come fosse tessuto, invece è luce.
Tante le metafore dello spettacolo. Nell'alternarsi del gioco dei poteri c'è il complicato rapporto tra l'uomo e la natura: ne è soggiogato, la doma, la subisce, la modifica. E in filigrana anche l'evoluzione della specie, la filogenesi umana: all'inizio sul cubo di tulle gravitano in movimento discontinuo caratteri alfabetici, primo passo del percorso che porterà l'uomo ad assoggettare la natura. Il linguaggio, dunque, le società (anche se il percorso non è poi così unidirezionale). Le condizioni del linguaggio preesistevano all'uomo, sembrano voler dire Claire e Adrien. Il cubo infatti è vuoto, Akiko Kajihara non c'è, entra dopo, lentamente, passando attraverso il pubblico e, quando arriva al centro della scena, le lettere svaniscono: le condizioni del linguaggio sì, c'erano già, ma inutile scomodarle in assenza di società: Akiko Kajihara è sola. Una visione innatista del linguaggio umano? Forse, ma non solo questo.
Hakanaï vuole dire tante cose, o meglio le prospettive di interpretazione sono infinite e lo dichiarano Adrien e Claire stessi. Numerosi sono gli spunti di riflessione, ma il pensiero non ha il tempo di incagliarsi in nessuna maglia del ragionamento a fior di pelle su cui è stato tessuto lo spettacolo, i panorami si susseguono rapidi sui muri di tulle bianco. Il fulcro dello spettacolo è semmai proprio la fluidità con cui scorrono le cose, anche quelle portatrici di senso. Un pregio e un difetto dello spettacolo. 40 minuti trascorsi con piacere, ma scivola subito via dalla memoria. La danza di Akiko Kajihara si inserisce bene in questo contesto di fluidità. Akiko Kajihara è soprattutto agile. Può non sembrare abbastanza, l'agilità è dopotutto una condicio sine qua non dell'essere danzatori, eppure è la qualità principale del suo stile di danza: i movimenti che compie sono quelli della danza contemporanea, ma la qualità di quei movimenti è del balletto classico. L'agilità in quanto declinazione corporea della fluidità, o forse meglio della liquidità che è proprio ciò che i creatori di Hakanaï hanno perseguito se in giapponese "Hakanaï" significa fragile, impermanente, incorporeo.

Bruna Monaco

Ultima modifica il Mercoledì, 29 Ottobre 2014 10:49

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