di Riccardo Buscarini
con: Danilo Caruso, Andrew Gardiner, Josh Jones, Michael Kelland, Marc Stevenson
disegno del suono: Domenico Angarano
disegno luci: Michael Mannion
Bologna, Festival Gender Bender 31 ottobre e 1 novembre 2016
Naufragio verso l'ignoto alla ricerca di se stessi
Si ispira ai temi dell'identità e dell'appartenenza, del viaggio verso l'ignoto e del desiderio del ritorno. No Lander, del talentuoso danzatore e coreografo piacentino Riccardo Buscarini trapiantato a Londra (in prima nazionale al recente festival "Gender Bender" di Bologna), nasce da una dichiarata ispirazione all'Odissea omerica, all'eroe Ulisse e al suo peregrinare. Ma anche al vagare forzato dei migranti del nostro tempo, alle derive dei popoli verso rive sconosciute in cerca d'approdi sicuri. E, ancora, in maniera più personale dell'autore, alla ricerca di se stessi, di un punto fisso, di una luce che manca. Questo, come in precedenti lavori, fa di Buscarini un esploratore del corpo come "oggetto/soggetto politico". In un'atmosfera sospesa cinque danzatori rotolano a terra catapultati da un luogo oscuro. Nella penombra si alzano, ci danno le spalle, guardano lontano. Un fascio di luce illumina uno di loro che, da un punto fermo, ruota sempre più veloce come una lancetta d'orologio impazzita. Raggiunge il gruppo sul fondo e, insieme, ansimanti, quei marinai dispersi, quei naufraghi senza bussola, iniziano il viaggio. Andare o restare? Sembra la domanda che anima i loro movimenti compatti e fluidi. E sono i corpi a creare e a generare suoni che vengono poi catturati e manipolati dal vivo. Suoni che trasformano lo spazio in cui i danzatori si trovano. Saltellano schierati, avanti e indietro in tutte le direzioni. Seguono traiettorie diverse, rotte immaginarie. Si dividono e si raggruppano, si fermano davanti ad una parete che è muro respingente. Sbattuti a terra ondeggiano, si rialzano, cadono, riaffiorano. Con un cambio di luce dalla penombra, eccoli tenersi per mano e avanzare. Compongono continue forme plastiche con richiami anche pittorici al fluttuare di una zattera. Nelle contorsioni scultoree c'è il protendersi di un componente del gruppo nel tentativo di fuga, sempre trattenuto e imprigionato dalle braccia degli altri, fino al distacco e alla sua diserzione. Nel disseminarli subentra un combattimento frontale, un duetto ad alta tensione che è lotta e seduzione, incontro e scontro, fino allo sfinimento ansimante davanti ad un microfono. In questo immaginario del naufragio e dell'attraversamento, della deriva e dell'incognito, si intercettano movimenti a terra di ciechi; di mani che si cercano per riconoscersi palpando il viso e gli occhi; di braccia che sollevano; di gambe che fungono da remi; di posture di animali; di intrecci violenti, di morsi e percosse; di urti e sguardi diffidenti che generano paura dell'altro. Nel dividersi nuovamente, allontanarsi e ricongiungersi, nell'essere sballottati ancora avanti e indietro con un moto simile alla risacca marina, l'onda immaginaria riconsegna un solo uomo che striscia le mani a terra nel gesto di raccogliere qualcosa creando dei mucchietti di sabbia come a delimitare uno spazio, a marcare un territorio, un confine. E intanto, minaccioso come un'onda nera, il gruppo compatto avanza verso di lui rintanato sotto il tappeto divelto della scena. Pur non volendo essere strettamente narrativo No lander risente di un certo didascalismo, di lungaggine e ripetitività di movimenti che la privano di una tensione costante. Ma la costruzione coreografica ha un pregnante raccordo immaginifico di grande bellezza della quale rimangono nella memoria molte sequenze, specie i duetti.
"No Lander" è stato commissionato da The Place, Londra, con il supporto di ResCen – Middlesex University, Arts Council of England, TIR Danza e sostenuto dal Fondo per la Danza D'Autore/Regione Emilia-Romagna 2015/2016.
Giuseppe Distefano