coreografia Patrizia de Bari
drammaturgia Tuccio Guicciardini
interpreti Tamara Aydinyan, Leonardo Diana, Lorenzo Di Rocco, Isabella Giustina, Gianmarco Martini Zani, Stefania Menestrina, Giulia Orlando, Riccardo Papa, Françoise Parlanti, Jennifer Rosati
e con la partecipazione straordinaria dell'attore Virginio Gazzolo
musica Bruno Coli
scenografia e video Andrea Montagnani
costumi Santi Rinciari/Opificio della Moda e del Costume
sound design Daniele Borri
ideazione e realizzazione elemento scenico Takeshi Tamashiro/Lautak
Produzione COB/Compagnia Opus Ballet e Compagnia Giardino Chiuso
un progetto di Rosanna Brocanello,
coproduzione Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee e Versiliadanza,
in collaborazione con Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino
A Firenze, prima assoluta il 16 marzo 2019 al Teatro Goldoni
Come non esiste l'età giusta per leggere Collodi, così non esiste lo spettatore ideale per le arguzie e avventure del celebre burattino, per la terribilità di Mangiafuoco, re di un teatrino metaforico che contiene e rappresenta il mondo, per la comicità malandrina del Gatto e della Volpe, per la bacchetta magica della fata Turchina, la ribalderia di Lucignolo, il Paese del Balocchi e gli altri incanti della favola italiana per eccellenza. Raccontato a teatro, al cinema, in musical, in danza o in semplice narrazione orale, Pinocchio avvince sempre nel suo prestarsi a innumerevoli chiavi di lettura e invenzioni. Lo evidenziava lo scrittore e saggista Fernando Tempesti, innovativo studioso di Pinocchio e di Collodi, che, delle sue parole e del suo mondo, scriveva: "Questo breve precipitoso romanzo, è sempre stato ammirato per il fasto inventivo, che deriva dalla sua forma base, dal suo schema compositivo, insomma dalla sua struttura, che è felicemente elementare ". Nel suo corpo di legno è innervata l'essenza del teatro, la sua contraddittoria riproduzione, il suo carattere effimero, il suo non essere conservativo. Pinocchio incarna l'occhio onesto e candido di ogni creatura e sarebbe destinato a soccombere se non fosse per il piacere di fare teatro. E in questa lettura in danza Patrizia de Bari - per l'Opus Ballet e la Compagnia Giardino Chiuso - ne fa "il riflesso dell'artista, che scruta curioso e pieno di aspettative tutto quello che accade intorno a lui". Qui si amalgamano, in un equilibrio dinamico, danza, parola, musica, video, perché una struttura come quella della favola di Pinocchio lascia spazio all'invenzione, al gioco non preordinato delle variabili e incoraggia all'opera complessa. È una narrazione a quadri, lineare e riconoscibile, che la coreografa, senza cadere troppo nel descrittivismo, traduce in movimenti e gesti continuamente dinamici e mutevoli nella loro fluidità metaforica, avvalendosi della drammaturgia di Tuccio Guicciardini e di una ricca partitura sonora e rumoristica - da Steve Reich a musiche bandistiche -, che ci immerge in un mondo sospeso grazie soprattutto alle bellissime immagini in bianco e nero disegnati a china, di Andrea Montagnani. Pinocchio, sempre biancovestito, viaggia instancabile, tra il reale e il virtuale, dentro le proiezioni di personaggi, sagome e luoghi evocativi che fungono da scenografie, e con apparizioni da dietro lo schermo. Lo spettacolo si apre con un grande attore in scena, l'ottantatreenne Virginio Gazzolo, voce e corpo straordinario, ancora in grado di restituirci l'emozione della parola recitata. Incarna il burattino creato da Dio e diventato uomo, ora invecchiato che rivede la propria vita. Il suo monologo introduttivo, e, successivamente, nel mezzo e nel finale, fa da filo rosso recitando brani di Von Kleist di Baudelaire, Meyerchold, Rilke e dello stesso Collodi che cita "il cammino dell'anima del danzatore", come se Pinocchio fosse un angelo o «un semidio calato da un altrove», desideroso di conoscere la dimensione terrena e umana in cui però viene ingannato. A interpretarlo è Tamara Aydinyan, danzatrice della compagnia armena NCA Small Theatre (che da anni collabora con Versiliadanza), dal corpo snodabile, dinoccolato, disarticolato, al quale conferisce intensa espressività e spirito fanciullesco. Intorno a lei un turbinio di personaggi animati dai movimenti incisivi dei bravissimi danzatori - in abiti atemporali e infine tutti biancovestiti come Pinocchio -, che padroneggiano diversi stili, incluso l'hip hop dell'energico Lorenzo Di Rocco. Forse gioverà lavorare ancora sul conferire un maggior ritmo nel legare le diverse sequenze e nel raggiungere punte di sviluppo narrativo che facciano deflagrare la danza della materia Pinocchio.
Giuseppe Distefano