Balletto in due atti
Coreografia di Peter Wright, Lev Ivanov, Vincet Redmon.
Musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij
Produzione: David Bintley
Interventi coreografici aggiuntivi: David Bintley, Marion Tait
Scene e oggetti addizionali: Dick Bird
Luci: Peter Teigen
Proiezioni: 59 Productions
Sound design: Bobby Aitken
Con: Momoko Hirata, César Morales, Céline Gittens,
Brandon Lawrence, Delia Mathews, Tyrone Singleton,
Miki Mizutani, Mathias Dingman e gli artisti del Birmingham Royal Ballet.
London Philarmonic Orchestra. Direttore: Koen Kessels
LONDRA, Royal Albert Hall, dal 28 al 31 dicembre 2018
Rimaneggiando Lo schiaccianoci alla Royal Albert Hall
Nel 1984 Sir Peter Wright - ballerino, coreografo, insegnante, produttore e direttore artistico inglese - firmò per il Royal Ballet la sua prima versione dello Schiaccianoci rimaneggiata nel 1999 e oggi produzione di grande successo: titolo irrinunciabile della programmazione natalizia di Covent Garden che Sipario ha recentemente riesaminato (Cfr. www.sipario.it/recensionidanzas/). Fra l'originaria versione e la successiva riedizione, Sir Peter Wright tornò a rimodulare il titolo cajkovskiano nel 1990 per il Birmingham Royal Ballet, la compagnia "sorella" del Royal Ballet che da due anni, in occasione del Natale, porta in scena lo spettacolo alla Royal Albert Hall di Londra, notissima sala da concerti di South Kensington. Un luogo, questo, che impone una considerevole manipolazione e riconsiderazione dell'assetto scenico dello spettacolo in virtù della peculiare conformazione della sala, non di rado scelta quale location per spettacoli di danza "in the round".
Nel caso dello Schiaccianoci numerosi interventi e modifiche si sono rese necessarie al fine di agevolarne, almeno negli intenti, la più vasta ed ampia fruizione. Rimaneggiamenti e ripensamenti che hanno inciso profondamente nella rimodulazione dell'ossatura dello spettacolo con esiti non sempre convincenti.
Singolari, quantunque non inusuali in un titolo noto come quello cajkovskiano, gli inteventi recitativi innestati nel balletto con l'intento di accompagnare una partitura che, com'è noto, non esige supporti didascalici alla luce del lapalissiano sviluppo narrativo che emerge nella scrittura del compositore russo. Scelta, quella dell'intervento attoriale, affiancata ad un assetto scenografico in dialogo, non sempre uniforme, con proiezioni dal sapore filmico e ad una selezione eterogenea di costumi sia sotto il profilo cromatico che stilistico.
Nel primo atto, ad uno sparuto gruppo di bambini impegnati nelle modulazione drammaturgica della trama, segue uno dei punti di forza della produzione: la battaglia dei topi. Con una validissima ossatura coreografica supportata da costumi in perfetta corrispondenza con la tempra delle figurazioni scelte per il corpo di ballo coinvolto, la scena riempie e manifesta con uniformità e credibilità il sogno della protagonista. Il riferimento bellico è, dunque, concisamente ripreso nelle battute iniziali del secondo atto che, nel prosieguo, non gode di un imponente assetto scenico.
Si segnala, tuttavia, che il proibitivo posto riservatoci ha gravato sull'ottimale fruizione dello spettacolo non consentendo di vagliare appieno le potenzialità del profilo scenico e coreutico del titolo preso in esame. Per le medesime ragioni non ci è consentita una puntuale e completa analisi degli aspetti tecnici della performance quantunque sia riconfermata la validità di una compagnia di prim'ordine qui impreziosita dagli apprezzabili virtuosismi di Momoko Hirata nei panni della Fata Confetto e César Morales nel ruolo del Principe Schiaccianoci.
Anche in questa occasione torniamo a ribadire il sorprendente apprezzamento della vastissima platea di ballettomani inglesi mai stanchi di riconsiderare ancora una volta l'irrinunciabile titolo cajkovskiano che in occasione delle recenti festività natalizie londinesi ha trovato spazio contemporaneamente in tre differenti location. Tre edizioni che ripropongono, sotto diversi rispetti, il tessuto culturale ed estetico di uno spettacolo capace di continuare a rispolverare un rito che è tradizione, storia e irrinunciabile riferimento di un'esistenza vissuta in pienezza unicamente nel riconoscimento collettivo.
Vito Lentini