Fabrizio Grosoli – Elfi Reiter WERNER HERZOG Il Castoro Cinema, Milano, € 15.50, pp.223 (CINEMA - Alberto Pesce)
Del tedesco Werner Herzog, come d'uso inseguita lungo cronologica scansione dei suoi film, in un "racconto biografico" attento a rilevarne anche se da una evidenza "diagonale" persistenti "ossessioni", non solo arroccamento su universali problemi del bene e del male e della morte in una ontologica solitudine dell'uomo, anche sua documentaristico-visionaria messinscena senza facili trucchi o ricostruzioni di comodo, Fabrizio Grosoli in un volume il Castoro del 1981 aveva già acutamente sondato "prometeica" poetica d'avventura, dal 1962 del corto Herakles al 1978 di un'accoppiata di forte virtuosismo formale con un invadente Klaus Kinski, prima Nosferatu principe della notte e poi Woyzeck, già verso prospettico orizzonte di un futuribile Fitzcarraldo. Proprio da qui, a completamento di vita e opere, Elfi Reiter ora aggancia la sua percettiva analisi. Arricchisce e aggiorna l'iniziale antologico herzoghiano "Perché fare cinema" e anche finali appendici filmo-bibliografiche. Secondo nuova struttura editoriale sa accortamente innestare lungo le pagine a commento di sequenze 212 fotogrammi. E con minuzioso riscontro critico si dilunga sull'ultimo quarantennio di Herzog, seguendone frenetici movimenti per mezzo mondo, dal Nicaragua (La ballata del piccolo soldato) all'Himalaya (Gasherbrum. La montagna lucente), dal Ghana (Cobra verde) alla Siberia (Rintocchi dal profondo), dal Brasile (Demoni e cristiani nel nuovo mondo) alla Thailandia (L'alba della libertà) e all'Antartide (Incontri alla fine del mondo), documentandone filmici riflessi. Di Herzog illustra ideologia e linguaggio, dovunque e comunque cogliendo planetarie visioni di intrigante "verità" con quel suo "far agire lo stato d'animo, far uscire i fantasmi interiori, visualizzare l'inconscio" che in tempi lontani era stato il credo dello "Sturrm und Drang".
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